In adorazione – Testimonianza di Catalina Rivas

Catalina Rivas vive in Bolivia. Nei primi anni ’90 Gesù la chiama ad essere “la sua segretaria” chiedendole di trascrivere i messaggi che Egli le detta e di trasmetterli al mondo.

Gesù a Catalina: “Desidero fare del laico un essere che, avendo la conoscenza dei misteri del Regno, delle cose a cui non ha potuto avere accesso per sua natura o per educazione, per mezzo di questi scritti, in un incontro semplice e amorevole, possa elevare il suo cuore fino ad incontrare il Cielo.

Devi dire agli uomini che vengano a Me, che qui Sono Io, l’Onnipotente, l’Infinito; devi dire che si lascino attirare dai miei Angeli davanti alla mia Presenza e che mi basta un sospiro per rimuovere la polvere che si annida in voi”.

Introduzione al libro

Alcuni anni fa , siamo stati invitati ad una conferenza mariana nella città di Pittsburg (Pennsylvania), negli Stati Uniti del Nord America.

Questa conferenza viene ripetuta ogni anno e sono invitate molte personalità importanti dei vari gruppi mariani del mondo intero.

Non era trascorso molto tempo da quando avevo iniziato a far conoscere la mia testimonianza all’estero, per cui quando vidi così tante persone in una sala enorme mi sentii molto nervosa.

Quel poco che riuscii ad ascoltare dei vari interventi, mi fece capire che le esperienze personali dei partecipanti e la loro conoscenza, così come le loro esperienze in questo campo, erano molto forti.

Tutto questo mi intimidiva molto, dato che io non avevo un argomento particolare di cui parlare tranne la mia testimonianza di conversione, che mi pareva di natura troppo umile e quindi non appropriata per quel pubblico. Mi misi in preghiera, supplicando lo Spirito Santo di aiutarmi.

Il mio gruppo era composto da persone molto preparate nel loro campo: scienziati, sacerdoti, altre persone del gruppo e poi io.

Durante la Santa Messa, celebrata giusto prima dell’ultimo intervento fatto dal nostro gruppo, domandai al Signore che cosa desiderasse dire alla gente attraverso me, e Gli chiesi se mi facesse sapere perché ero lì.

Quasi tutte le tremila persone presenti alla Messasi comunicarono. Noi fummo i primi a farlo perché eravamo seduti più vicini a dove dovevamo salire per la Comunione. Ricevetti la Santa Eucaristia e mi inginocchiai nel mio banco.

In quel momento, vidi come uno schermo dentro di me, uno schermo gigante nel quale c’era un vasto, enorme paesaggio campestre. C’erano siti verdeggianti, piccole colline con piante, aree boschive e un lago molto grande… Era un luogo splendido.

Ma in mezzo a quel vasto paesaggio, vidi un grande appezzamento di terreno incolto, che sembrava minaccioso, pieno di spine e sporco: era come un pugno nell’occhio in mezzo a quel magico paesaggio.

E tra tutte quelle spine e rovi, c’era una piccola pecorella bianca, della quale non si poteva vedere molto il manto, perché era ricoperto di sangue. Aveva molte ferite sulle zampette e sul corpo e piangeva dal dolore ininterrottamente. Cercava di uscire da lì, ma non ci riusciva; faceva due passi e le spine cominciavano a crescere e ferirla di più.

Il cielo era cupo, coperto da molte nubi scure. Tuoni, lampi e un vento infido rendevano più tetra la scena. Il piccolo animale era sempre più spaventato.

All’improvviso, vidi di spalle una donna, vestita di azzurro e con un velo bianco.

Seppi immediatamente che era la Santissima Vergine.

Distese le mani, chiamando la pecorella perché si avvicinasse a Lei, ma la pecorella impaurita stava cercando di uscire da un’altra via perché le spine crescevano rapidamente, e si allontanava sempre di più.

Cercando di scappare dalle spine, si allontanava dalle mani che la volevano salvare. Era tanta la sua paura che non sapeva in quale direzione correre: scivolava, cadeva, e le si apriva nuovamente la carne in ferite sanguinanti.

Per un attimo, la Vergine si voltò e io potei vedere il suo profilo, bellissimo e tanto dolce. Guardò verso un punto lontano, come se stesse cercando qualcuno con lo sguardo, e poi scomparve.

In quel momento, apparve davanti ai miei occhi un uomo alto e forte, vestito con una tunica luminosa di colore bianco perla. Calzava i sandali e teneva un alto bastone.

I capelli castano scuro scendevano sfiorando le spalle. Le braccia e la parte alta del collo, che si scorgeva quando il vento sollevava i suoi capelli, mostravano una pelle abbronzata. Aveva le braccia forti, di persona dedita al lavoro.

Il mio cuore stava per scoppiare dall’emozione: era Gesù che, senza pensarci neppure un attimo, entrò in mezzo a quelle spine.

Per tre o quattro volte, con il suo bastone colpì le spine più lunghe e sradicò le piante. Ma altre spine graffiavano anche la sua pelle, strappando la tunica che si impigliava in mezzo ad esse; sembrava, però, che a Lui non importasse né della tunica che si strappava, né delle spine che laceravano la pelle.

Si affrettava in questo compito e vedevo il sangue sgorgare dai suoi piedi, dalle caviglie e dalle gambe e bagnare la terra che Egli via via calpestava. La pecorella si inoltrava sempre di più in mezzo ai rovi ed era diventata praticamente tutta una massa macchiata di sangue.

Quando Gesù le si avvicinò, la prese tra le sue braccia e si avviò per uscire dal campo. Non si curava più delle spine attraverso cui passava e che gli laceravano la pelle. L’unico oggetto della sua attenzione era il piccolo animale che teneva tra le sue braccia.

Uscì da quel campo, dirigendosi verso un luogo dove io potevo vederlo di fronte. Stava piangendo, e, insieme a Lui, anche la pecorella. Tremava tra le sue braccia che si tingevano di sangue, e lo guardava come per cercare da Lui la consolazione. Gesù la stringeva al suo petto.

All’improvviso Egli alzò lo sguardo verso il Cielo. La sua espressione diventò per un attimo severa, il tempo sufficiente perché si dileguassero rapidamente tutte le nubi scure e uscisse il sole. I suoi occhi erano pieni di lacrime che gli rigavano le guance.

Gesù cominciò a baciare la pecorella ed ecco che lì, dove cadeva una delle sue lacrime, o dove Egli la baciava, immediatamente si chiudevano le ferite del piccolo animale e appariva la bianca lana. Erano talmente grandi la tenerezza e l’amore di Gesù, che sembrava che quel piccolo animale fosse tutto ciò che Egli possedeva.

Giunse un momento in cui, mentre Egli baciava la testolina della pecorella, essa lambì la sua mano e le lacrime di tutti e due si mescolarono, e, mentre piangevano insieme, Gesù sorrideva e la pecorella emetteva dei teneri e deboli belati.

Un momento dopo, vidi Gesù che camminava a passi lenti, come se aspettasse la sua piccola compagna che lo seguiva, Il suo portamento era altero.

Nonostante la semplicità del suo vestire, era maestoso come un Re e la pecorella, ora guarita, tenendo la testa sollevata, correva felice dietro a Lui, belando ora con più vigore e lambendogli, di quando in quando, la punta delle dita delle mani. Egli le accarezzava la testolina, rispondendo così alla sua tenerezza.

Come in una serie di immagini, vidi poi Gesù seduto su di una roccia. Parlava, e la pecorella, seduta sulle due zampe posteriori, come si siedono i cani, lo ascoltava attentamente. Di tanto in tanto, Egli prendeva tra le mani la sua testolina e la baciava ridendo. Poi, era essa che lambiva i piedi di Gesù e le ferite del Signore guarivano. Tutte le ferite furono così sanate e perfino la tunica di Gesù pareva diventata nuova.

Non c’erano più tracce di tanto sangue e dolore. Era una scena bellissima. Non c’erano più nubi e il sole versava i suoi raggi dorati sulla testa del Pastore. Una fresca brezza scompigliava leggermente i suoi capelli ed Egli sorrideva.

Ad un tratto, si udì un altro lamentevole belato, vidi Gesù alzarsi e, premuroso, avviarsi di nuovo in direzione del campo di spine. Sul suo viso c’era un’espressione di tristezza e preoccupazione. Si stava di nuovo incamminando in cerca di un’altra pecorella, ma, questa volta, la pecorella che era già stata sanata si affrettò davanti al Signore, correndo a cercare quella che ora gemeva.

Come una ormai esperta, si incamminò verso i sentieri più ripidi. Sentiva dolore, sì, però era come se non le importasse, perché correva, cercava la sua compagna per guidarla dove stava il Signore, per trovare le braccia forti e sicure di Gesù… In quel momento, la voce del sacerdote mi riportò alla celebrazione della Santa Messa, e sentii le sue parole: “Oremus…”.

Mi guardai intorno e vidi tutta quella gente, peccato, quella bellissima visione era terminata. Avevo il volto coperto di lacrime e mi lasciai sfuggire un singhiozzo. Allora Gesù mi parlò e dolcemente mi disse:

“Ecco l’argomento: racconta la tua conversione, perché quella prima pecorella che hai visto sei tu”.

Mentre le persone che venivano prima di me stavano facendo i loro interventi, sentii che ormai non avevo più paura di parlare. Udivo appena ciò che dicevano, sentivo gli applausi , ma come se venissero da molto lontano. Chiusi gli occhi e vidi il Volto bellissimo di Gesù: un po’ piangeva, un po’ sorrideva e questo riempiva completamente il mio cuore.

Seppi poi che quello fu uno dei miei migliori discorsi; avevo messo tutto il mio cuore nel descrivere ciò che il Signore mi aveva permesso di vivere pochi momenti prima. Quando accesero le luci e potei vedere il pubblico, molte persone stavano piangendo, forse si erano identificate con la pecorella che era stata liberata dal campo del mondo pieno di spine ed era stata guarita con le lacrime e con il sangue dell’infinito Amore di Gesù.

[….]

Catalina Rivas

Tratto dal libro In adorazione Testimonianza di Catalina Rivas  Editrice Ancilla