Il mio medico si chiama Dio

E’ uno scrittore di successo e una delle grandi firme della rivista Il Timone. In questo articolo racconta la sua battaglia più difficile: lottare contro il tumore. Con l’aiuto della fede. E di un Medico speciale…

A molti l’espressione “ho sconfitto il cancro” fa sorridere. Chi, se non la chirurgia può “sconfiggere un cancro”? L’ammalato può metterci la sua buona volontà, sottoponendosi a chemioterapia, radioterapia, esami invasivi, non ribellandosi a visite specialistiche continue, non rinunciando a curarsi, ma è il bisturi, il bisturi a “sconfiggere il cancro”.

E’ vero e può testimoniarlo chi scrive queste righe. Ma solo il bisturi può non bastare. Esci dall’ospedale guarito nel corpo, ma ammalato nell’ animo. La vita non ti sembra più la stessa. Ti senti diverso e diversi consideri gli altri. Dividi le persone sane e ammalate e tra gli ammalati metti te, che d’ora in avanti con quel cancro (benchè estirpato) dovrai ancora fare i conti, con visite periodiche dall’oncologo, radiografie, tac, prelievi di sangue, indagini invasive e dolorose.

Sei guarito ma sei segnato nello  spirito. La depressione è in agguato. La voglia di lasciarti andare è fortissima. E il primo pensiero che ti viene in mente è Dio: perchè Dio ha voluto che mi ammalassi? Che avevo fatto di male per meritare una simile punizione? Allora passi in rassegna i tuoi (veri o presunti) meriti: non tradivo mia moglie, non avevo vizi, facevo la carità, recitavo il Rosario tutti i giorni, ricevevo l’Eucaristia la domenica. Ho perfino “donato” a Dio il mio unico figlio. Perchè sono stato punito? Perchè proprio io?

Alla domanda senza risposta seguono le suppliche: Dio, non so perchè Tu abbia voluto colpirmi, forse lo meritavo e allora è stato giusto così, ma ora Ti prego, guariscimi. Ti rendo lode per avermi salvato la vita, ma Tu pur vedi che i miei patimenti fisici non sono finiti, che salgo ancora il calvario.

Intensifichi le preghiere, fai digiuni, chiedi pietà. Cerchi di comprarti Dio con le lacrime e perfino col denaro (aumentando il numero delle adozioni a distanza). Ma nulla cambia, da due anni nulla cambia. E allora il tentatore (che entra in azione soprattutto nei  momenti di stanca fisica e morale) ti si fa a lato e ti soffia nelle orecchie le antiche parole blasfeme: Dio non t’ama, Dio non t’ascolta, Dio non c’è. E tu vacilli e quel vacillare a momenti ti porta a chinare il capo sul petto del nemico.

Una parte del tuo corpo non risponde più, è come marcia, ti umilia e ti degrada, rende i tuoi giorni difficili, a volte impossibili  e tu chiedi perchè, ancora una volta chiedi perchè, ancora una volta supplichi Dio.

E Dio, infine, ti risponde con una pagina di sant’Agostino: “Poni il Vangelo sul cuore per guarirlo (…)non preoccuparsi della salute del corpo, ma soltanto chiederla a Dio. Se Egli ritiene che ti possa giovare, te la concederà; se non te la concede, vuol dire che non ti giova. (…) Ora, Dio sa che cosa ci giova. (…) L’apostolo Paolo lo pregò che gli togliesse la spina dalla carne, e non fu esaudito. Forse che per questo Paolo perdette la pace? Forse che si contristò considerandosi abbandonato? Al contrario, si sentì non abbandonato proprio perchè non fu liberato da ciò che chiedeva per guarire dalla sua infermità.

Lo apprese dalla voce del medico: Ti basta la mia grazia; poichè la forza si perfeziona nella debolezza (2Cor 12,9).

Come puoi sapere che Dio non vuole guarirti? E’ che ancora devi essere provato. Come puoi sapere quanto di marcio il medico ha da eliminare introducendo il ferro nella parte colpita? Forse il medico non conosce il suo mestiere, non sa che cosa tagliare e fin dove tagliare?O potranno forse i lamenti del malato arrestare la mano del medico che sapientemente taglia? Il malato grida, il medico taglia. E’ crudele il medico che non ascolta i lamenti del malato o non piuttosto misericordioso perchè estirpa il male al fine di guarire il malato?

Dico questo, o miei fratelli, affinchè si cerchi soltanto l’aiuto divino, quando il Signore ci sottopone a qualche prova. Procurate di non perdervi, procurate di non allontanarvi dall’Agnello se non volete essere divorati dal leone (commento al Vangelo di san Giovanni).

Allora, d’un tratto capisci; allora, d’un tratto non ti senti più solo, inascoltato, perfino “rifiutato”.

E come potrebbe Dio, che è Amore, essere insensibile al tuo dolore?

Come potrebbe Dio, che è onniscenza, non conoscere il tuo dolore?

Come potrebbe Dio, che è onnipotenza, non trovare i mezzi per guarirti?

Ma la tua guarigione fa parte di un disegno i cui contorni ignori: i tempi e i modi di Dio non sono i tuoi. Affidati a Lui, spera in Lui, prega (continua a pregare) Lui.

E non sentirti schiacciato più degli altri dal tuo destino; a confronto di altri, anzi, sentiti un privilegiato.

Giovanni Papini, l’autore della bellissima Storia di Cristo, a un certo punto della vita divenne quasi cieco e alla cecità sopraggiunsero tanti altri mali. Eppure ecco quanto scrisse di se stesso: “Mi stupiscono, talvolta, coloro che si stupiscono della mia calma nello stato miserando al quale mi ha ridotto la malattia. Ho perduto l’uso delle gambe, delle braccia, delle mani e sono diventato quasi cieco e quasi muto (…) ma non bisogna tener in picciol conto quello che mi è rimasto ed è molto ed è il meglio (…) riesco ancora a godere una festosa invasione di sole e la sfera di luce che s’irraggia da una lampada. Posso inoltre intravedere, quando vengono molto avvicinate all’occhio destro, le macchie colorate dei fiori e le fattezze di un volto (…) ha sempre la gioia di poter ascoltare le parole di un amico, la lettura di una bella poesia o di una bella storia, posso sentire un canto melodioso (…). E tutto questo è nulla a paragone dei doni ancor più divini che Dio mi ha lasciato. Ho salvato, sia pure a prezzo di quotidiane guerre, la fede, l’intelligenza, la memoria, l’immaginazione (…) l’affetto dei familiari, l’amicizia degli amici (…) e la felicità di essere amato da quelli che mi conoscono soltanto attraverso le opere…” (Le felicità dell’ infelice).

Quale lezione di vita!

Signore, sia questo anche il mio ringraziamento, sia questa anche la mia preghiera:

O Dio, Tu che sei buono e grande nell’amore, rivolgi il Tuo sguardo su di me, in questo momento di debolezza e di malattia. Donami la pazienza di sopportare il mio dolore, la forza di unirlo alle sofferenze di Gesù, per offrirlo a Te, come il regalo più grande che ti possa fare, a favore di chi non crede, di chi non prega o di chi siffre più di me. Fa’ che nella malattia sperimenti la Tua vicinanza, la Tua consolazione dolcissima: liberami dalle mie paure, fammi capire che nessuno, in questo momento mi è così vicino come Te. E se è secondo la Tua volontà, ridonami la salute perduta, perchè Ti lodi e Ti ringrazi per tutti i giorni della mia vita. Amen



Marcello D’Orta (tratto dalla rivista Il Timone n 114/2012)