Il miracolo eucaristico della piccola beata Imelda

Tanto ardeva del desiderio di ricevere Gesù Eucaristia che l’Ostia Santa scese dal Paradiso e volò sopra di lei comunicandola. Così, in un’estasi d’amore, Imelda si unì al suo Sposo per sempre. Possa la vita di questa bimba beata infiammare tutti i cuori d’amore per il Santissimo Sacramento e intercedere per i fanciulli della Prima Comunione, di cui è patrona.

Ditemi, vi prego, come è possibile ricevere la Comunione senza morire d’amore?” Questa domanda che fioriva sulla bocca della piccola Imelda, tradiva tutto l’ardore con cui la suora bambina desiderava unirsi a Gesù Eucaristia. E non potendo ricevere l’Ostia Santa perché ancora troppo giovane, la dolce beata si struggeva tra le lacrime ad ogni rifiuto, poiché credeva con tutte le forze che quel pezzo di Pane fosse il suo Gesù vivo e vero. Ebbene, questo candido fiore piacque così tanto a Dio che non solo volle comunicarsi a lei miracolosamente, ma tutta la rapì in un’estasi d’Amore per portarsela subito in Paradiso. In virtù di questi specialissimi doni Imelda Lambertini, già proclamata beata da Leone XII nel 1826, venne scelta da papa Pio X come patrona dei fanciulli che ricevono la Prima Comunione. E’ a loro, dunque, che oggi dedichiamo la sua storia.

Nata in una nobile famiglia di Bologna, Imelda viene accolta come una benedizione dal Cielo e amata come la figlia prediletta. Del resto, il suo arrivo fu davvero un prodigio: notte e giorno la devota contessa Castora Galluzzi pregava il Santo Rosario, sicura che, nonostante le dure prove cui era sottoposta, il Signore le avrebbe accordato la grazia di un figlio. E così accadde: come una rosa sbocciata tra le mani della Vergine Maria, nel 1322 la piccola Imelda, al secolo Maria Maddalena, vide la luce.

La nuova creatura crebbe in un ambiente sano e sereno. L’amato padre Egàno Lambertini, nobile cavaliere bolognese, si distingueva come uomo di grande fiducia e profonda umanità: per questo veniva onoravano con alti uffici di governo che spesso lo tenevano impegnato lontano dalla città. La mamma Castora, invece, donna di fede fervente, si premurò da subito di insegnare alla figlia i doveri fondamentali della vita cristiana. Con lei, Imelda, partecipava alla S. Messa domenicale, ascoltava attenta le spiegazioni sul Vangelo e amava rimanere a lungo sulle ginocchia materne per recitare le preghiere.

Ben presto e spontaneamente, crebbe in lei un forte desiderio di Gesù Eucaristia. Tanto che la piccola veniva ritrovata, dopo diverse ore, in adorazione davanti al Tabernacolo, mentre spesso si allontanava dalle feste di famiglia o dai momenti di svago per correre alla Cappella del palazzo: il fascino di quel piccolo altare, che lei stessa amava curare e adornare con mazzi di fiori, era così forte da toglierle ogni attrazione per le “cose del mondo”.

Seppure cresciuta ed educata nella fede, in lei c’era qualcosa di più, c’era come una forza divina che cresceva senza sosta e la spingeva verso Gesù. Fu così che all’età di circa otto anni, Imelda esprime il desiderio di entrare in monastero: solo così avrebbe potuto dedicarsi tutta al suo Amato che, specialmente, voleva adorare, amare ed onorare nella Santa Eucaristia.

A quel tempo, per altro, non era affatto raro che le giovani fanciulle facessero il loro ingresso presso conventi o istituti religiosi, sicché, seppur con una certa malinconia, gli amati genitori la accompagnarono fino alle soglie del Monastero delle Suore Domenicane di Val di Pietra, sulle colline nei pressi di Bologna. Ebbene, non si può dire quanto l’anima di Imelda fosse in festa e con quanta emozione ella indossò l’abito di lana bianca, simbolo di appartenenza a Dio e di offerta verginale.

Una volta in monastero, grazie ai tempi, ai luoghi ed ai modi della vita religiosa, il fuoco d’Amore che ardeva in Imelda divampò completamente. La quotidiana presenza alla celebrazione della Santa Messa e le lunghe soste in adorazione davanti al Santissimo, nutrivano nella fanciulla l’ormai insaziabile desiderio di unirsi a Gesù Eucaristia. Grandissima era, perciò, la sua pena nel vedere le sue Consorelle accostarsi alla S. Comunione, mentre lei ne veniva sistematicamente privata.

Non si contavano più le volte in cui, avvicinandosi con discrezione al Cappellano, la dolce novizia presentava la sua supplica, ma sempre si sentiva rispondere che era troppo piccola: a quel tempo infatti la Comunione si poteva ricevere solamente dopo i 13-14 anni. Fu così che dal suo cuore innamorato iniziò ad uscire l’ardente supplica: “O Gesù, tu stesso hai comandato ai piccoli di venire a Te; perché ora ti fai tanto aspettare? Io ti amo Gesù, e sai quanto ti desidero, perché non vieni? Perché ti chiudi tanto presto nel Tabernacolo e non mi ascolti? Fino a quando, Signore, continuerai a tenerti nascosto?”.

Ma il suo martirio interiore che la stava consumando d’Amore per l’Ostia Santa non sarebbe durato ancora a lungo.

Il 12 maggio 1333, infatti, accade il miracolo. E’ la vigilia dell’Ascensione e tutto il monastero è in trepidazione per i preparativi della festa. Anche il cuore di Imelda è trepidante poiché crede e spera che, proprio in quella speciale occasione, lei si possa finalmente unire all’Amato Sposo. Per questo, quando la superiora le nega di nuovo il permesso di accostarsi alla mensa eucaristica, la piccola suora scoppia in un pianto di dolore inconsolabile. Ma la fanciulla, che era una sposa docile e obbediente, si fa forza e assiste silenziosa alla Santa Messa. E mentre osserva le altre suore comunicarsi, invoca con forza nel suo cuore lo Spirito Santo, supplicandolo Gesù di venire presto nell’anima sua. E’ a questo punto che lo Sposo non può più resistere a tanta brama d’amore: quando era ormai chiusa la porta del Tabernacolo ed erano già state spente tutte le candele sull’altare, improvvisamente, il coro si illumina di una luce miracolosa e si riempie di un aroma buonissimo. E’ allora che dal Paradiso scende un’Ostia consacrata che sosta nell’aria, sopra il capo della beata, la quale tremante e con le mani giunte si consuma di desiderio. Intanto, il profumo e la luce miracolosi sono così forti da richiamare tutti in chiesa.

Alla vista del prodigio il Sacerdote, rimessi cotta e stola, subito si inginocchia e, pregando, attende: l’Ostia lentamente discende e si posa sulla patena. Oramai nessuno può più negare a quel cuore ardente il suo grande amore: Gesù Eucaristia. “Il Corpo di nostro Signore, Gesù Cristo, custodisca l’anima tua per la vita eterna”, con queste parole il Cappellano pone il Pane degli Angeli sulle labbra di Imelda.

I presenti esplodono di gioia nel vedere la beata, inginocchiata e tutta avvolta nello splendore dell’Ostia radiosa che si riflette sul suo volto. Le suore a gran voce intonano il Magnificat a lode e gloria del Padre che ha compiuto le sue meraviglie. E’ festa grande, ma Imleda non sente nulla: con le mani incrociate sul petto, è rapita in quell’estasi d’Amore che tutta la trapassa. Scorre il tempo, ma la beata non rinviene, non risponde, non dà segni di vita. Il motivo lo si seppe poco dopo: la Sposa di Cristo non si era fatta attendere e, appena comunicata, aveva reso lo spirito al Suo Signore, passando dalla gioia dell’amplesso eucaristico, al gaudio delle nozze eterne.

di Costanza Signorelli

tratto da La Nuova Bussola Quotidiana