Amato così… pacchetto completo!

Fin da ragazzo ho visto nel cristianesimo e nella Chiesa una verità racchiusa in una realtà nella quale stavo bene, ma che non mi andava troppo di approfondire seriamente. La vita vera era separata da quello che sentivo negli ambiti cristiani. O forse non lo era, ma mi riusciva più facile pensarlo.

Il mio percorso di crescita non è stato proprio di quelli da definire senza intoppi e in discesa: caratterizzato da incontri con persone che non volevano il mio bene ma il loro interesse, che mi hanno fatto sentire sbagliato.

Da qui entrai in un mondo di eccessi, disordinato. Dovevo riempirmi la vita di qualsiasi cosa non mi facesse troppo riflettere su me stesso, su chi ero e chi volevo diventare e che mi portasse fuori da me, dal senso di colpa, per respirare attraverso la vita degli altri. Questo era l’unico modo per sentirmi migliore, o almeno accettato, mettendo al centro il mio piacere, il possesso e il mio io.

Conformarmi agli altri, che ritenevo più veri e sani di me, era la risposta ai miei dubbi.

Il mio cristianesimo era composto da una serie di valori imposti e di cose da fare per tenermi buono Dio e sentire che in qualche modo facevo qualcosa. Ma l’immagine che avevo di Lui era molto superficiale e distante. Vivevo una vita parallela: un bel vestitino da bravo ragazzo per famiglia e società e una stalla dentro, costruita da me, che non avevo il coraggio e nessuna voglia di affrontare seriamente.

E Dio se lo vivevo al di fuori, in superficie, diventava un Dio innocuo e facile da gestire. Più lo facevo entrare più diventava un Dio scomodo. Risaltava una realtà che faceva male: il mio peccato.

Sono stato un cristiano da poco con un sacco d’incoerenze, pensando che Dio vedesse solo quello che gli permettevo, ma in realtà era una fede senza un centro, senza Gesù, senza Dio, perlomeno quello vero, che è Amore.

Ho, poi, iniziato un percorso quasi senza rendermene conto, attraverso incontri con persone che ora definisco provvidenziali per il mio cammino. Sono andato a Madrid alla GMG grazie all’invito insistente di un’ amica e poi ho iniziato il percorso delle 10 parole capendo che potevano esserci strumenti per scoprire una verità nuova, almeno per me, un gusto e un profumo diverso da quello della società individualista nella quale ero immerso.

Ma c’era ancora qualcosa in sospeso che non riuscivo a chiarire al mio interno, alcuni angoli bui che preferivo nascondere da tutti e da tutto.

Qui l’arrivo ad Assisi, il 18 luglio 2014, grazie ad un’amica che mi ha consegnato il volantino del SOG. Mi aveva colpito molto l’entusiasmo e la gentilezza usata da lei nel consegnarmelo e la luce nei suoi occhi, la stessa che io da tempo ricercavo, ma che purtroppo avevo perso, restando per troppo tempo concentrato solo su me stesso. La speranza era che Gesù Cristo potesse essermi d’aiuto nell’ordinare la mia storia, con parole nuove, con la Sua storia. Ma credevo che in concreto non potesse fare niente per me, lo vedevo come un esempio ma lo sentivo troppo lontano per uscire dal circolo vizioso dei miei peccati. La realtà, però, è che mi stava preparando da tempo per incontrarmi e io non lo sapevo!

Il corso vocazionale mi ha permesso di dare una svolta concreta al mio punto di vista, allargando gli orizzonti del mio sguardo: non partiva più da me e non finiva solo su di me. Questa volta Dio mi guardava dall’esterno, mi diceva che mi amava facendomi capire che anche per me c’è un progetto per portare molto frutto, bastava orientare il mio cammino, con fiducia, verso l’unico e vero Centro.

Io non cercavo una guida, credevo di essere solo io la guida di me stesso. Cercavo solamente aiuto.

Ed Egli mi ha donato un padre per impostare una strada verso di Lui. Una grazia. Quel padre, fatto strumento, era molto di più di quel semplice aiuto che ricercavo.

Il vero splendido incontro col Signore è avvenuto nella penitenziale del 22 luglio 2014 dove, non sicuramente per merito, ma per grazia, ho potuto fare la prima confessione vera e completa della mia vita. Ricordo esattamente ogni singolo momento di quella sera. Dio voleva incontrarmi nelle mie infermità, nei miei mezzogiorni e mi aveva dato appuntamento. L’ansia prima della confessione. Un blocco all’altezza del petto e una suora che solo guardandomi negli occhi mi disse: “ dì una preghiera, invoca lo Spirito Santo”… Io, scettico, lo feci…e tutto fu più facile.

Sentivo in qualche modo che Qualcuno o Qualcosa si stesse prendendo cura di me, offrendomi una nuova possibilità e mi accompagnava a portare questo peso della croce verso il Signore.

Poco dopo la confessione ebbi un momento molto concreto di liberazione, di leggerezza, di pace, di gioia, di tranquillità e di conforto. Una sensazione che custodisco, stupenda. Mi venne detto che io non ero il mio peccato anche se il mondo attorno me lo faceva credere. E da qui ebbe inizio un percorso sano di conversione, di trasformazione. Da qui ho incominciato a vedere la misericordia come superamento della giustizia. Quel di più che solo l’Amore poteva farmi capire.

L’esserci col cuore pienamente e il fidarmi di Colui che da sempre mi conosce, ha fatto la differenza: ho iniziato a togliere il paraocchi e vedere tutta la bellezza dei doni da cui sempre sono stato circondato.

“Ecco Signore la mia croce più grande, aiutami a portarla”. E cosi è stato. Capii che Dio non è venuto ad eliminare la mia croce, le mie sofferenze, ma a dare loro un significato nuovo. Non c’è Amore senza croce.

Ho iniziato a desiderare questo Amore tanto folle che mi diceva di Amarmi mentre io col mio peccato continuavo ad inchiodarlo, ma la risposta è stata puntuale “ti amo cosi come sei, pacchetto completo, nella tua interezza, e proprio perché ti conosco completamente non ti permetto di non amarmi” e con le parole d’Isaia “tu sei prezioso ai miei occhi, tu sei degno di stima e io ti amo “(Is 43,4), che in quel momento sentivo particolarmente per me.

Da qui fu molto chiaro che tutta la verità è racchiusa in una persona e non in un’idea.

Un frate, con il quale ho intrapreso un cammino serio di fede, mi ha aiutato a dare un nome e a dar significato alla mia storia. Mi disse che la differenza l’ha fatta proprio chi in una “stalla”, in una mangiatoia per animali, ci è nato e probabilmente poteva anche nascere dentro di me se solo gli avessi permesso di entrare.

Così ho capito che il vangelo è una lettera d’amore scritta per me, per trovare consistenza e orientare il mio cammino verso una meta, un punto di arrivo, alla ricerca di una gioia, di una felicità nuova, di una vita piena e non mediocre. C’era una possibilità finalmente di fare le cose bene, di scegliere, nonostante il mio passato, con gioia, partendo da un nuovo giorno, da una nuova Pasqua che si rivela nel presente.

Ho riscoperto l’importanza di una dinamica di perdono nuova, verso le persone incontrate nella mia crescita; come a me è stato perdonato tanto anch’io ho voluto mettermi in gioco per portare il mio perdono a quelle persone, non senza difficoltà. Ma non ero più da solo.

Da qui ogni giorno di più cresce la voglia un po’ nostalgica di rifare quell’incontro iniziale, e di farlo crescere dentro di me, “il mai abbastanza” descritto da San Francesco. Quindi ho iniziato a ricercare quel Volto nella preghiera, nell’Eucarestia e nei poveri, iniziando un esperienza di servizio chiamata “ronda della carità”. Proprio qui ho riscoperto e ritrovato gli occhi di Gesù nel fratello bisognoso e la libertà e la gioia che c’è nell’ assaporare la bellezza di farsi dono per l’altro.

Un senzatetto una sera mi ha detto: “ grazie perché stasera hai scelto di essere qui per me!” e da quelle parole cosi semplici mi sono sentito amato e a casa, al mio posto. Non c’era calcetto o festa o hobby che valesse di più, non importava il mio passato e neanche il mio futuro ma era importante l’essere lì, presente, “stare” lì per lui e per me.

Capii perché Gesù ha scelto gli ultimi: questa gente senza apparentemente niente stava facendo tutto per me, io stavo dando un pasto, ma loro stavano prendendosi cura della mia crescita dandomi la possibilità di servirli. Subito mi fu chiaro che il fare esperienza di Dio, di questo annuncio, fa la differenza. Compresi il “venite e vedrete”.

La relazione col Vangelo è cresciuta sempre più ed ho riscoperto un’ umanità nuova dentro e attorno a me. Ho ritrovato una responsabilità e allo stesso tempo una voglia di annunciare una Parola che salva, pensando soprattutto a tutti miei coetanei e amici che non hanno avuto la possibilità di sperimentare esperienze simili, pur avendo uno sguardo che parla chiaramente di ricerca di gioia piena.

È esplosa la voglia di annunciare che Dio è presente nell’Amore dell’incontro, e che come ci ha ricordato Papa Giovanni Paolo II, è racchiusa in Lui tutta la felicità che da sempre tanto cerchiamo.

Marco

Tratto da Frati SOG Assisi