“Con i bambini non si scherza!”

È misericordioso con tutto e con tutti, ma quando si tratta di bambini maltrattati, abusati, costretti a subire ogni tipo di violenza, Papa Francesco è intransigente. L’argomento tocca così a fondo le intime corde del suo animo che il Pontefice si sente in dovere di chiedere perdono per tutto “il male” e i danni compiuti spesso da uomini di Chiesa nei confronti dei minori.

Come ha fatto questa mattina ricevendo una delegazione dell’Ufficio Internazionale Cattolico dell’Infanzia (Bice), davanti alla quale, con profonda radicalità, ha detto: “Mi sento chiamato a farmi carico” e “a chiedere perdono” “di tutto il male che alcuni sacerdoti” hanno compiuto e “per gli abusi sessuali sui bambini”. “La Chiesa è cosciente di questo danno”, ha affermato il Santo Padre, “è un danno personale e morale loro, ma di uomini di Chiesa. E noi non vogliamo compiere un passo indietro in quello che si riferisce al trattamento di questo problema e alle sanzioni che devono essere comminate. Al contrario, credo che dobbiamo essere molto forti”.

Il Papa ha espresso gratitudine, invece, ai membri del Bice per l’impegno in favore dei bambini: “una espressione concreta e attuale della predilezione che il Signore Gesù ha per loro” – l’ha definito – da parte di un organismo “nato dalla maternità della Chiesa”. L’Ufficio, infatti, ha preso origine dall’intervento di Pio XII in difesa dell’infanzia all’indomani della II guerra mondiale. Da allora si è sempre impegnato a promuovere la tutela dei diritti dei minori, contribuendo anche alla Convenzione dell’ONU del 1989, e collaborando costantemente con gli uffici della Santa Sede a New York, Strasburgo e Ginevra.

Soddisfatto del lavoro portato avanti dall’organizzazione, Francesco ha quindi sottolineato che, secondo il suo ideale di “società ben costituita”, i privilegi dovrebbero essere indirizzati solo ai bambini e agli anziani. “Perché il futuro di un popolo è in mano loro!”, ha ribadito: “I bambini, perché certamente avranno la forza di portare avanti la storia, e gli anziani perché portano in sé la saggezza di un popolo e devono trasmettere questa saggezza”.

Certamente questo futuro non si potrà costruire se i piccoli vengono segnati da traumi e violenze che li pregiudicheranno per tutta la vita. “Con i bambini non si scherza!”, ha urlato il Papa, e, dopo i casi di abuso nella Chiesa, non ha risparmiato la denuncia contro tutte le altre situazioni di violenza a cui vengono sottoposti i più piccoli. Una su tutte “il reclutamento dei bambini-soldato”.

Ma il Santo Padre non ha mancato di menzionare anche il tema della famiglia, ribadendo con forza “il diritto dei bambini a crescere in una famiglia, con un papà e una mamma capaci di creare un ambiente idoneo al suo sviluppo e alla sua maturazione affettiva. Continuando a maturare nella relazione, nel confronto con ciò che è la mascolinità e la femminilità di un padre e di una madre”.

E per non lasciare nulla in sospeso, Bergoglio ha chiarito anche la posizione della Chiesa verso “ogni tipo di sperimentazione educativa con i bambini”: un netto rifiuto. Perché – ha precisato il Pontefice – “Con i bambini e i giovani non si può sperimentare. Non sono cavie da laboratorio!”. Quindi nessun opuscolo, opuscoletto, filmati o altre vie di indottrinamento: spetta ai genitori “il diritto all’educazione morale e religiosa dei propri figli”, ha rimarcato Bergoglio.

Secondo il Papa, inoltre, queste moderne “sperimentazioni” si possono addirittura paragonare agli “orrori della manipolazione educativa che abbiamo vissuto nelle grandi dittature genocide del secolo XX”. Questi trattamenti “non sono spariti” – ha osservato amaramente – “conservano la loro attualità sotto vesti diverse e proposte che, con pretesa di modernità, spingono i bambini e i giovani a camminare sulla strada dittatoriale del pensiero unico”.

Ha ragione, allora, il “grande educatore” amico di Bergoglio quando, qualche giorno fa, parlando dei progetti concreti di educazione, gli ha detto: “A volte, non si sa se con questi progetti si mandi un bambino a scuola o in un campo di rieducazione”.

“Lavorare per i diritti umani presuppone di tenere sempre viva la formazione antropologica, essere ben preparati sulla realtà della persona umana, e saper rispondere ai problemi e alle sfide posti dalle culture contemporanee e dalla mentalità diffusa attraverso i mass media”, ha rimarcato il Santo Padre. Ciò non significa rifugiarsi in “campane di vetro”, oggi “incapaci di dare vita”, – ha soggiunto – ma “affrontare con i valori positivi della persona umana le nuove sfide che ci pone la cultura nuova”.

Nel caso specifico del Bice, ha spiegato il Papa, si tratta di “offrire ai vostri dirigenti e operatori una formazione permanente sull’antropologia del bambino, perché è lì che i diritti e i doveri hanno il loro fondamento”. Ed è da essa che “dipende l’impostazione dei progetti educativi”, i quali devono continuare a progredire “rispettando sempre l’identità umana e la libertà di coscienza”.

Prima della benedizione, Papa Francesco ha sintetizzato il suo vigoroso discorso in un’immagine: il logo della Commissione della protezione dell’infanzia e dell’adolescenza a Buenos Aires che ritrae la Sacra Famiglia sopra un asinello in fuga verso l’Egitto per difendere il Bambino. “A volte – ha concluso il Pontefice – per difendere, è necessario scappare; a volte è necessario fermarsi per proteggere; a volte è necessario combattere. Però sempre bisogna avere tenerezza”.

Di Salvatore Cernuzio tratto da Zenit