Francesco tocca la carne di Cristo

Grande commozione per l’immagine del Santo Padre che, prima dell’udienza di ieri, ha abbracciato e baciato un uomo sfigurato da una grave malattia

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Francesco che bacia un malato. Non è un olio su tela del Cinquecento, ma l’immagine del Santo Padre che, durante l’udienza generale di ieri, si avvicina ad un uomo sfigurato dalla malattia, poggiando le labbra e le mani sui punti di maggior deturpamento.

Un’immagine questa che, tra ieri e oggi, si è diffusa in maniera virale sul web, scatenando un moto di commozione per quello che i più hanno osannato come “l’ennesimo gesto di umanità di Bergoglio”.

In effetti, il Papa ha abituato il mondo a questi atti di carità sin dalla messa d’inizio pontificato, scendendo di corsa dalla jeep che attraversava piazza San Pietro per abbracciare un giovane disabile. E dalla sera stessa della sua elezione, la foto del cardinal Bergoglio che bacia i piedi di un bimbo malato di Aids era onnipresente su ogni giornale o sito d’informazione.

Ieri però non si trattava di un bambino, né di un giovane in barella o sulla sedia a rotelle. Nell’abbraccio del Pontefice c’era un essere umano, sfigurato al punto da non sembrare neanche tale. La patologia in questione è la neurofibromatosi, una malattia genetica che, oltre a un grande dolore, provoca conseguenze come paralisi, disturbi della vista, sordità, ritardo mentale, emicranie, addirittura il cancro.

Essa causa inoltre orribili deformazioni dell’aspetto fisico, creando una serie di fibromi, tumori benigni, che si estendono su tutta la pelle. La cura della malattia è assai complicata, ma non è questo il problema. Il risvolto più drammatico è il ripudio che essa provoca nella società verso chi ne è affetto, pur non essendo per nulla contagiosa. Il che origina profondi disagi da parte dei malati nelle loro relazioni sociali.

Papa Francesco però ieri non ha esitato ad avvicinarsi a quell’uomo per cui probabilmente chiunque avrebbe provato ribrezzo, o magari compassione. Il Santo Padre ha steso le mani sul suo capo, lo ha baciato, lo ha appoggiato al suo petto e ha chiuso gli occhi invocando una speciale benedizione del Signore.

Fotogrammi che hanno fatto versare le lacrime a gran parte dei 50.000 fedeli presenti nella piazza e a tutti quelli che hanno visto apparire questo quadro straordinario sul proprio desktop.

In fin dei conti, però, viene da pensare: perché il Papa argentino avrebbe scelto di chiamarsi Francesco, se non per seguire le orme del Poverello? In particolare, torna alla mente l’episodio narrato dalle Leggende di Tommaso da Celano e Bonaventura di Bangnoregio, secondo cui, un giorno, mentre il ricco figlio di Bernardone cavalcava fuori le mura di Assisi, meditando di lasciare la vita mondana, udì il suono di un campanello. Vide un essere sfigurato venirgli incontro: un lebbroso dal fetore insopportabile, a causa delle carni piagate.

Il primo istinto di Francesco fu di fuggire per la paura del contagio della lebbra. Ma dopo essersi allontanato, fermò il cavallo, vinse la ripugnanza e si avvicinò al lebbroso baciandolo con amore. Risalito a cavallo, si voltò per salutarlo, ma questi era sparito. Secondo la devozione, quel lebbroso era Cristo sceso in terra per ricevere il bacio dal suo servo. Da quel momento, riferisce la Leggenda, Francesco “decise di disprezzarsi sempre più, finché per la misericordia del Redentore ottenne piena vittoria”.

Evidentemente, Bergoglio ha assimilato bene la lezione del suo Patrono. Più di una volta lo ha detto: “Gesù è nascosto nelle piaghe” di chi è malato. Lo ha ribadito nella visita del 4 ottobre ai disabili dell’Istituto Serafico di Assisi, e già nella Veglia di Pentecoste con movimenti e realtà ecclesiali, aveva esortato: “Bisogna toccare la carne di Cristo, prendere su di noi questo dolore”. Nella stessa occasione, il Papa aveva invitato anche a “non ritrarre o pulirsi la mano” quando si dà l’elemosina ad un povero, ma anzi poggiarla in modo da fargli sentire il calore umano e far sentire amato chi più della povertà, soffre di abitare nelle “periferie dell’esistenza”.