La preghiera non è chiedere questo o quello, ma uscire da noi stessi e aprirci all’altro

È stata la preghiera il centro dell’omelia di Papa Francesco nella Messa di questa mattina nella Casa Santa Marta. Anzi, la “vera preghiera”, quella che – ha detto il Santo Padre – ci insegna in modo nuovo Gesù Cristo, che si basa sull’affidamento al Padre e ci fa uscire da noi stessi per condurci all’altro, al debole, al bisognoso.

Ancora una volta, il Pontefice ripropone l’invito alla base di tanti suoi discorsi e omelie, sin dalla prima Udienza generale di mercoledì 27 marzo: “Uscire da noi stessi”.

“Ci sono due uscite da noi stessi – ha spiegato oggi – una verso le piaghe di Gesù, l’altra verso le piaghe dei nostri fratelli e sorelle”. E questa, ha aggiunto, “è la strada che Gesù vuole nella nostra preghiera”.

Ad ascoltare le belle parole di Papa Francesco c’erano stamane alcuni agenti della Gendarmeria Vaticana e un gruppo di giornalisti argentini con le loro famiglie. In particolare, la riflessione del Papa si è soffermata sul Vangelo di Giovanni della liturgia odierna, che si apre con le parole di Gesù: “Se chiederete qualcosa al Padre nel mio nome, Egli ve la darà”.

È un “qualcosa di nuovo” quello che afferma il Messia – ha detto il Santo Padre – “qualcosa che cambia”, una “novità nella preghiera”: che “il Padre ci darà tutto, ma sempre nel nome di Gesù”. Ciò significa che Cristo “prega per noi davanti al Padre”.

“A me è sempre piaciuto, questo – ha confessato il Papa – Gesù, nella sua resurrezione, ha avuto un corpo bellissimo: le piaghe della flagellazione, delle spine, sono sparite, tutte. I lividi dei colpi, sono spariti. Ma Lui ha voluto avere sempre le piaghe, e le piaghe sono precisamente la sua preghiera di intercessione al Padre: Ma, guarda, questo Ti chiede nel nome mio, guarda!”.

Secondo Bergoglio, “la novità che Gesù ci dice” è “avere fiducia nella sua vittoria sulla morte, avere fiducia nelle sue piaghe”, perché “Lui è il sacerdote e questo è il sacrificio: le sue piaghe. E questo ci da fiducia, eh?”. Sicuramente – ha aggiunto – “ci dà il coraggio di pregare”.

Se pensassimo veramente che la preghiera è “l’intercessione di Gesù, che davanti al Padre gli fa vedere le sue piaghe”, e non “chiedere questo o quello” – ha sottolineato il Papa – non subentrerebbe quella “noia” che spesso ci attanaglia nel pregare. “La preghiera che ci annoia è sempre dentro noi stessi – ha precisato – come un pensiero che va e viene. Ma la vera preghiera è uscire da noi stessi verso il Padre in nome di Gesù, è un esodo da noi stessi”.

Sorge, a tal punto, più di un interrogativo: “Come possiamo riconoscere le piaghe di Gesù in cielo?”; “dov’è la scuola in cui si impara a conoscere le piaghe di Gesù, queste piaghe sacerdotali, di intercessione?”.  Bergoglio risponde in modo chiaro, come nel suo stile: le piaghe di Cristo si riconoscono nell’altro, in chi soffre, in chi è nel bisogno e risiede nelle “periferie dell’esistenza”.

“C’è un altro esodo da noi stessi: verso le piaghe dei nostri fratelli e delle nostre sorelle bisognosi” ha affermato, infatti, il Santo Padre, per poi ammonire: “Se noi non riusciamo ad uscire da noi stessi verso il fratello bisognoso, verso il malato, l’ignorante, il povero, lo sfruttato, se noi non riusciamo a fare questa uscita da noi stessi verso quelle piaghe, non impareremo mai la libertà che ci porta nell’altra uscita da noi stessi, verso le piaghe di Gesù”.

Due, quindi, le ‘perle’ che Papa Francesco ha donato nella mattina di questo secondo sabato di maggio; due insegnamenti che rinnovano il nostro modo di pregare: “la fiducia, il coraggio che ci dà sapere che Gesù è davanti al Padre facendogli vedere le sue piaghe”, e “l’umiltà di quelli che vanno a conoscere, a trovare le piaghe di Gesù” in quei fratelli che “portano ancora la Croce e ancora non hanno vinto, come ha vinto Gesù”.

Di Salvatore Cernuzio