Miracolo Eucaristico di Moncada

Il miracolo di Moncada

A Bari, parecchi secoli fa, incominciò una delle pagine più tristi della Chiesa, le quali però, meglio di altre, testimoniano l’amore di Dio per la sua Chiesa e per gli uomini nonostante tutto. 

Nell’aprile del 1378 i cardinali si riunirono in conclave. Era morto papa Gregorio XI (1370-1378) e la Chiesa doveva eleggere il successore di Pietro. L’arcivescovo di Bari, Bartolomeo Prigna di origine napoletana, si era acquistato una tal fama che i cardinali elessero proprio lui al soglio pontificio. Era il 7 aprile 1378 e Bartolomeo prese il nome di Urbano VI. 

Il predecessore, Gregorio XI, aveva stabilito che, una volta indetto il conclave, si potesse procedere alle elezioni del nuovo pontefice senza attendere l’arrivo dei Cardinali più lontani. Questo fatto, unito a quello che proprio un vescovo escluso dal Conclave fosse diventato papa, suscitò una forte reazione da parte di alcuni cardinali, specie tra quelli francesi che erano in maggioranza. Il contrasto aumentò in tal misura (anche – si dice – a causa del temperamento forte e imperioso di Bartolomeo) che i prelati francesi abbandonarono la curia romana e si trasferirono ad Anagni.

Per motivi di sicurezza passarono poi a Fondi, nei pressi di Latina, dove – riuniti in conclave – proclamarono la nullità dell’elezione di Urbano VI e, il 20 settembre dello stesso anno, elessero un nuovo papa: il card. Robert di Ginevra che prese il nome di Clemente VII.

Lo scisma era fatto. Quasi tutti gli stati europei riconobbero legittimo papa Urbano VI, ma la Francia, la Castiglia, Aragona, il Portogallo e Napoli si schierarono a favore di Clemente VII.

Ed è proprio a partire da questa dolorosa situazione che si verificò un miracolo Eucaristico che più di ogni altro, forse, esprime la paterna sollecitudine di Dio, il Suo amore e, nel contempo, l’invito ad amarci gli uni gli altri come Egli ci ama. 

Il parroco di Moncada, che era stato ordinato sacerdote da un vescovo nominato dall’antipapa Clemente VII, viveva nel tormento che la sua ordinazione sacerdotale non fosse valida e, di conseguenza non lo fossero neppure i sacramenti che egli amministrava. Il tormento si faceva più acuto ogni qualvolta consacrava il pane e il vino durante la Celebrazione Eucaristica, lì veniva assalito dal timore di ingannare il popolo somministrando particole che non erano altro che semplice pane. 

La sua preghiera, allora, saliva incessantemente a Dio chiedendo luce per sé e per gli altri. 

Venne il giorno di Natale del 1392 e tra i fedeli venuti a partecipare al Divino Sacrificio vi era anche la signora Fhez con la figlioletta di 5 anni di nome Rosalia. Al termine della funzione Rosalia si rifiutò di uscire perché – disse – “Voglio rimanere con il figlio della signora Favre”. La madre riuscì a convincere la bimba dicendole che si doveva essere sbagliata perché quel giorno la signora Favre, loro vicina di casa, non era venuta a Messa. Passarono infatti dalla casa della suddetta vicina e trovarono il figlioletto – coetaneo di Rosalia – placidamente addormentato. 

Il giorno seguente la signora Fhez portò di nuovo Rosalia a Messa e al Momento dell’elevazione la piccola richiamò l’attenzione della Madre dicendole: “Ecco il figlioletto della signora Favre!”. Alla richiesta della Madre di indicarle dove mai fosse il bimbo, la piccola Rosalia rispose: “È tra le mani del sacerdote”. La Madre profondamente turbata, ma anche stupita, narrò il fatto al sacerdote il quale, al colmo della commozione, invitò la signora a partecipare con la bimba ad un’altra Messa dove egli avrebbe messo alla prova Rosalia e la verità delle sue affermazioni. 

Il giorno seguente, infatti, dopo la Consacrazione il parroco sollevò due Ostie, delle quali una sola era quella da poco consacrata, e chiese a Rosalia cosa vedesse. Prontamente la bimba rispose: “Gesù Bambino”. E alla richiesta del sacerdote di indicare dove lo vedesse, la bimba indicò la mano destra, che sorreggeva in effetti l’Ostia consacrata. 

Il prete, non convinto, tentò una nuova prova, nascose le mani e, scambiando le Ostie, interrogò nuovamente Rosalia, la quale senza alcuna titubanza rispose: “Ora Gesù è dall’altra parte”. Non ancora pago il sacerdote spezzò l’Ostia consacrata tenendo una parte in ogni mano. La bimba ebbe un attimo di smarrimento e poi esclamò: «Adesso vedo due Gesù Bambini!» A questo punto il sacerdote scoppiò in lacrime perché il Signore aveva finalmente esaudito la sua preghiera togliendogli completamente il dubbio circa la validità del suo sacerdozio. 

L’insegnamento del miracolo è duplice: da un lato dimostra l’amore incondizionato di Dio per la sua Chiesa anche in un momento di grande difficoltà e confusione. Per quanto alla radice della consacrazione episcopale del vescovo che ordinò il parroco di Moncada ci fosse un antipapa, Dio rimase fedele alla successione apostolica determinata, appunto, dall’imposizione delle mani. Dall’altro si vede una bimba che nulla poteva sapere di antipapa e di validità di ordinazione sacerdotale, conferma nella fede e nella vocazione il suo parroco. 

Ciò dimostra come i sacerdoti debbano stare all’ascolto tanto del più piccolo come del più grande, offrendo la stessa attenzione e lo stesso amore tanto agli adulti che ai bambini. Inoltre, il singolare prodigio avvenne proprio nei giorni del Natale, quando cioè si celebra la venuta di un Dio che si è manifestato negli umili panni di un Neonato. 

L’atteggiamento di chi nella Chiesa svolge un ministero – in questo caso sacerdotale – è quello di una grande umiltà nel vagliare le vie di Dio che non sono mai le nostre vie e quello di porre attenzione ai cuori, più che alle apparenze. 

Di fronte poi al grande scandalo di una chiesa divisa tra due papi che cosa mai poteva essere un semplice prelato assalito dai suoi dubbi? Eppure Dio si prese cura anche di lui, che sarebbe rimasto ignoto ai posteri se il suo dubbio non avesse scosso il cuore di Dio, suscitando un miracolo tra i più teneri della storia della Chiesa.

“Tutto l’universo non vale nulla a confronto di questo Dio, mio!

Nella grotta dove volle nascere …

E nella pazzia d’amore della Santa Eucaristia”

S. Josemaria Escrivà