Papa Francesco: Dov’è Dio?

“Ci sono domande per le quali non ci sono risposte umane”. Silenzio e preghiera: sono queste le due strade maestre che Papa Francesco ci ha indicato oggi per affrontare le difficoltà ed i dolori più grandi. Quelli che ci lasciano muti. E’ la scelta che ha percorso in mattinata, visitando i luoghi dell’orrore: i campi di concentramento di Auschwitz e Birkenau. E’ la scelta che ha seguito nel pomeriggio, davanti al dolore dei bambini ammalati.

E’ la scelta che ci ha indicato questa sera, durante la Via Crucis, quando ci ha dato la risposta a tante domande.

“Dov’è Dio? – Ha chiesto Papa Francesco – Dov’è Dio, se nel mondo c’è il male, se ci sono uomini affamati, assetati, senzatetto, profughi, rifugiati? Dov’è Dio, quando persone innocenti muoiono a causa della violenza, del terrorismo, delle guerre? Dov’è Dio, quando malattie spietate rompono legami di vita e di affetto? O quando i bambini vengono sfruttati, umiliati, e anch’essi soffrono a causa di gravi patologie? Dov’è Dio, di fronte all’inquietudine dei dubbiosi e degli afflitti nell’anima? Esistono domande per le quali non ci sono risposte umane. Possiamo solo guardare a Gesù, e domandare a Lui”. E la risposta di Gesù è questa: “Dio è in loro”, “Gesù è in loro, soffre in loro, profondamente identificato con ciascuno. Egli è così unito ad essi, quasi da formare un solo corpo”.

Gesù si identifica con chi soffre

Gesù stesso ha scelto di identificarsi in questi nostri fratelli e sorelle provati dal dolore e dalle angosce, accettando di percorrere la via dolorosa verso il calvario. “Egli, morendo in Croce, si consegna nelle mani del Padre e porta su di sé e in sé, con amore che si dona, le piaghe fisiche, morali e spirituali dell’umanità intera. Abbracciando il legno della croce, Gesù abbraccia la nudità e la fame, la sete e la solitudine, il dolore e la morte degli uomini e delle donne di tutti i tempi”.

Tra le tante sofferenze di oggi, Francesco ne sceglie una, quella del popolo siriano, colpito, anche oggi, da un nuovo sanguinoso evento, il bombardamento di una clinica ostetrica gestita da Save the Children: “Questa sera Gesù, e noi insieme a Lui, abbraccia con speciale amore i nostri fratelli siriani, fuggiti dalla guerra. Li salutiamo e li accogliamo con affetto fraterno e con simpatia”.

Senza Misericordia non possiamo fare niente

Ripercorrendo la Via Crucis di Gesù, abbiamo riscoperto l’importanza di conformarci a Lui, mediante le 14 opere di misericordia: “Esse ci aiutano ad aprirci alla misericordia di Dio, a chiedere la grazia di capire che senza misericordia la persona non può fare niente, senza la misericordia io, tu, noi tutti non possiamo fare niente”.

Il Papa ha poi ripercorso le sette opere di misericordia corporale: dar da mangiare agli affamati, dar da bere agli assetati, vestire chi è nudo, dare alloggio ai pellegrini, visitare gli ammalati, visitare i carcerati, seppellire i morti. “Gratuitamente abbiamo ricevuto, gratuitamente diamo. Siamo chiamati a servire Gesù crocifisso in ogni persona emarginata, a toccare la sua carne benedetta in chi è escluso, ha fame, ha sete, è nudo, carcerato, ammalato, disoccupato, perseguitato, profugo, migrante. Lì troviamo il nostro Dio, lì tocchiamo il Signore”. Ce l’ha detto Gesù stesso, spiegando quale sarà il “protocollo” in base al quale saremo giudicati: “ogni volta che avremo fatto questo al più piccolo dei nostri fratelli, l’avremo fatto a Lui” (cfr Mt 25,31-46).

Alle opere di misericordia corporale seguono quelle di misericordia spirituale: consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese, sopportare pazientemente le persone moleste, pregare Dio per i vivi e per i morti. “Nell’accoglienza dell’emarginato che è ferito nel corpo, e nell’accoglienza del peccatore che è ferito nell’anima, si gioca la nostra credibilità come cristiani”.



La vita non va vissuta a metà

Oggi l’umanità ha bisogno di uomini e di donne, e in modo particolare “di giovani come voi, che non vogliono vivere la propria vita a metà”, giovani pronti a spendere la vita nel servizio gratuito ai fratelli più poveri e più deboli, a imitazione di Cristo, che ha donato tutto sé stesso per la nostra salvezza. “Di fronte al male, alla sofferenza, al peccato, l’unica risposta possibile per il discepolo di Gesù è il dono di sé, anche della vita, a imitazione di Cristo; è l’atteggiamento del servizio. Se uno – che si dice cristiano – non vive per servire, non serve per vivere. Con la sua vita rinnega Gesù Cristo”.



La Via della Croce

La Via della Croce è “la via della felicità di seguire Cristo fino in fondo”, nelle circostanze spesso drammatiche del vivere quotidiano: “è la via che non teme insuccessi, emarginazioni o solitudini, perché riempie il cuore dell’uomo della pienezza di Gesù”. La Via della Croce “è la via della vita e dello stile di Dio, che Gesù fa percorrere anche attraverso i sentieri di una società a volte divisa, ingiusta e corrotta”.

“La Via della Croce non è una abitudine sadomasochistica”, ma è l’unica che sconfigge il peccato, il male e la morte, perché “sfocia nella luce radiosa della risurrezione di Cristo, aprendo gli orizzonti della vita nuova e piena”. È la Via della speranza e del futuro: “Chi la percorre con generosità e con fede, dona speranza al futuro e all’umanità. Chi la percorre con generosità e con fede semina speranza”. “Ed io – è l’invito di Papa Francesco – vorrei che voi foste seminatori di speranza!”.

“Cari giovani – ha concluso il Papa – in quel Venerdì Santo molti discepoli ritornarono tristi alle loro case, altri preferirono andare alla casa di campagna per dimenticare un po’ la croce. Vi domando – ma rispondete ognuno di voi in silenzio, nel vostro cuore, nel proprio cuore – : come volete tornare questa sera alle vostre case, ai vostri luoghi di alloggio, alle vostre tende? Come volete tornare questa sera a incontrarvi con voi stessi? Il mondo ci guarda. A ciascuno di voi spetta rispondere alla sfida di questa domanda”.



La visita all’ospedale pediatrico

Il Prokocim è il più grande ospedale pediatrico del sud della Polonia. Ogni anno più di duecentomila bambini vengono curati qui. Il Papa ha incontrato più di cinquanta bambini. Ha trascorso alcuni istanti con ciascuno di loro, li ha accarezzati, baciati, ha ascoltato i loro problemi, ed ha ricevuto molti disegni.

“Vorrei poter stare un po’ vicino ad ogni bambino malato accanto al suo letto – ha detto Francesco – abbracciarli ad uno ad uno, ascoltare anche solo un momento ciascuno di voi e insieme fare silenzio di fronte alle domande per le quali non ci sono risposte immediate. E pregare”. Davanti al dolore, il Santo Padre ci invita al silenzio. Qualche volta la risposta migliore è proprio la vicinanza, la preghiera, l’attenzione ai problemi dell’altro. Ascoltare, prima ancora di parlare.

La nostra società è purtroppo inquinata dalla “cultura dello scarto”, che è il contrario della cultura dell’accoglienza “E le vittime della cultura dello scarto sono proprio le persone più deboli, più fragili; e questa è una crudeltà”.

Visitare gli infermi

Segno della vera civiltà, umana e cristiana, è mettere al centro dell’attenzione sociale e politica le persone più svantaggiate, ma “a volte – ha aggiuto – le famiglie si trovano sole nel farsi carico di loro. Che cosa fare?”.

Da questo luogo in cui si vede l’amore concreto, il Santo Padre ha invitato tutti noi a moltiplicare le opere della cultura dell’accoglienza: “Servire con amore e tenerezza le persone che hanno bisogno di aiuto ci fa crescere tutti in umanità; e ci apre il passaggio alla vita eterna: chi compie opere di misericordia, non ha paura della morte”.

Infine, il Papa ha incoraggiato medici, infermieri, operatori sanitari, cappellani, volontari, e tutti coloro che hanno colto l’invito a visitare gli infermi: “Il Signore vi aiuti a compiere bene il vostro lavoro, in questo come in ogni altro ospedale del mondo. Non vorrei dimenticare, qui, il lavoro delle suore – tante suore! – che spendono la vita negli ospedali. Che il Signore vi ricompensi donandovi pace interiore e un cuore sempre capace di tenerezza”.



Ma… la crudeltà non è finita

In serata Papa Francesco si è affacciato alla finestra dell’Arcivescovado di Cracovia, la stessa alla quale si affacciava San Giovanni Paolo II, per quella che ormai è diventata la consuetudine del saluto alle migliaia di fedeli che lo attendono nel piazzale antistante. Dopo avere ripercorso i principali fatti della giornata il Papa ha aggiunto: “Io non vorrei amareggiarvi, ma devo dire la verità. La crudeltà non è finita a Auschwitz, a Birkenau: anche oggi. Oggi! Oggi si tortura la gente; tanti prigionieri sono torturati: subito, per farli parlare… E’ terribile! Oggi ci sono uomini e donne nelle carceri sovraffollate: vivono – scusatemi – come animali! Oggi c’è questa crudeltà. Noi diciamo: “Sì, lì, abbiamo visto la crudeltà di 70 anni fa. Come morivano fucilati o impiccati o col gas”. Ma oggi in tanti posti del mondo, dove c’è guerra, succede lo stesso!”.

“In questa realtà – ha proseguito – Gesù è venuto per portarla sulle proprie spalle. E ci chiede di pregare. Preghiamo per tutti i Gesù che oggi sono nel mondo: gli affamati; gli assetati; i dubbiosi; gli ammalati, che sono da soli; quelli che sentono il peso di tanti dubbi e tante colpe. Soffrono tanto… Preghiamo per i tanti ammalati, bambini innocenti, i quali portano la Croce da bambini. E preghiamo per tanti uomini e donne che oggi sono torturati in tanti Paesi del mondo; per i carcerati che sono tutti ammucchiati lì come se fossero animali. E’ un po’ triste quello che vi dico, ma è la realtà! Ma è anche la realtà che Gesù ha portato su di Lui, tutte queste cose. Anche il nostro peccato”.

“Tutti qui siamo peccatori, tutti abbiamo il peso dei nostri peccati. Non so … se qualcuno non si sente peccatore alzi la mano! Tutti siamo peccatori. Ma Lui ci ama: ci ama! E facciamo come peccatori, ma figli di Dio, figli di suo Padre. Facciamo tutti insieme una preghiera per questa gente che soffre oggi nel mondo, tante cose brutte, tante cattiverie. E quando ci sono le lacrime, il bambino cerca la mamma. Anche noi peccatori siamo bambini, cerchiamo la mamma e preghiamo la Madonna tutti insieme, ognuno nella propria lingua”.