La questione del divorzio – commento di don Dolindo Ruotolo sul cap. 10 di S. Marco

Gesù partì dalla Galilea e venne nella Giudea per andare a Gerusalemme e subirvi la dolorosissima Passione; ormai la sua vita volgeva all’epilogo, ed il suo immenso amore abbracciava tutte le genti per redimerle.

Come doveva essere doloroso al suo Cuore in questi momenti solenni il vedere la doppiezza, l’incredulità e l’ingratitudine degli scribi, dei farisei e dei sacerdoti, sempre più lontani dall’intenderlo!

Egli camminava pensando alla salvezza di tutti, e i suoi nemici lo insidiavano per trarlo in inganno e per avere il pretesto di condannarlo. È una cosa penosissima il considerare queste stonature dell’ingratitudine umana!

I farisei interrogarono Gesù sulla questione del divorzio, perché in tempi di corruzione e di grande immoralità era quella che avrebbe potuto più facilmente attirargli contro l’odio dei grandi, infetti quasi tutti d’impurità; essi prevedevano quale poteva essere la risposta di Lui, ed erano certi che si sarebbe compromesso.

Anche questo doveva essere penosissimo per il Cuore del Redentore: parlare di divorzio quando Egli si preparava a celebrare le sue nozze di amore nel Sangue del suo sacrificio, e parlarne quando la sinagoga, ripudiandolo, avrebbe consumato il più peccaminoso degli adultèri spirituali!

Gesù Cristo rispose, domandando che cosa avesse comandato Mosè, cioè che cosa era scritto nella Legge. Appellandosi a Mosè voleva richiamare in vigore l’antico precetto di Dio com’era nella Genesi, e non la concessione di Mosè, fatta per evitare maggiori disordini (Dt 24,1).

Ma i suoi oppositori non capirono, e si appellarono alla disposizione di tolleranza, della quale avevano più facile ricordo, per l’uso e l’abuso che ne facevano. In realtà il santo legislatore non aveva potuto volere che per un capriccio si sciogliesse un vincolo posto da Dio, ma aveva voluto fare un’eccezione rara, che doveva essere valutata innanzi al Signore. Ora, per la corruzione dei cuori, l’eccezione era diventata quasi la regola, ed il divorzio aveva traviato talmente la coscienza da farlo credere una necessità ed un’esigenza dell’uomo.

Con grande autorità il Redentore richiamò la Legge alla sua primitiva purezza, perché il regno novello, che Egli veniva a fondare era regno di perfezione e di santità nel quale non si poteva indulgere al traviamento dei sensi.

L’uomo non si sposa per trovare un misero diletto materiale ma per compiere una missione insieme alla donna che sceglie. Egli è una sola cosa con lei, e come è impossibile separare un membro vivo da un altro, senza produrre nell’organismo un dolore ed un danno, così è impossibile separare l’uomo dalla donna che ha sposato, senza produrre in essi e nella stessa società un danno incalcolabile.

Dio stabilì questa legge al principio, quando creò l’uomo, la confermò nella Legge rivelata, e nessuno può separare ciò che Egli ha congiunto.

Ad un ragionamento così stringato non c’era nulla da opporre, e i farisei dovettero darsi per vinti. Gli apostoli però, rientrati in casa, interrogarono nuovamente Gesù sull’argomento. Sembra un po’ strano che proprio essi non se ne mostrassero ancora convinti, ma essi stavano più a contatto col popolo, e raccoglievano dalla strada più facilmente l’eco dei continui divorzi che si facevano, poiché l’argomento che più appassiona è sempre quello delle nozze e dei pettegolezzi che vi hanno relazione. Data dunque la generale corruzione, le parole di Gesù sembrarono loro di difficile attuazione, e perciò vollero altre spiegazioni.

Il Redentore confermò ciò che aveva detto, aggiungendo che i matrimoni fatti dai divorziati erano veri adultèri, poiché il vincolo posto da Dio non può essere mai infranto dal capriccio dell’uomo.

È orribile il pensare a quelli che oggi divorziano nelle nazioni apostate da Dio, ed al numero incalcolabile degli adultèri legali che si consumano nel mondo. Le statistiche delle così dette nazioni civili sono scoraggianti in questo argomento, e quelle delle nazioni comuniste fanno orrore!

In Russia per esempio sono stati numerosi i casi di matrimoni sciolti nel giorno stesso nel quale sono stati fatti, e sciolti con una semplice dichiarazione, senz’altro processo. È vero che quelli non sono matrimoni, mancando della benedizione di Dio, ma appunto per questo gli adultèri vi si moltiplicano in una maniera tanto turpe, che fa ribrezzo. Dove cade l’uomo quando si allontana dalla Legge di Dio!

Gesù guardava lontano, all’unione spirituale dell’anima consacrata con Lui.

In san Matteo (19,12) è detto che Gesù all’argomento del matrimonio fece seguire quello della verginità volontaria per amore di Dio; Egli aveva dunque innanzi al suo sguardo non semplicemente una questione legale, ma una questione spirituale; considerava le nozze per quello che significano, come immagine delle sue nozze con la Chiesa, e considerava la verginità come il mezzo di una più profonda e completa unione con Lui. L’uomo lascia il padre e la madre per stare con la moglie, e l’anima lascia tutto quello che è sensuale per stare unita al Signore. Chi lascia la moglie per sposare un’altra è adultero, e l’anima che è infedele allo stato verginale è adultera spiritualmente, poiché lascia lo Sposo divino per una misera creatura, e lo lascia per il capriccio d’una passione.

Chi è infedele alle nozze terrene è meritevole del disprezzo di tutti, e chi è infedele a quelle celesti è degno del disprezzo del Signore.

Si può dire che anche il cristiano che ripudia la Legge di Dio nella propria vita, e si dà al mondo seguendone gli usi e le massime è un adultero.

Gesù guardava all’unione dei popoli con Dio

L’unione di Dio col suo popolo, infatti, è sempre figurata nella Scrittura come un connubio spirituale, ed il cristiano che segue il mondo viene meno alla fedeltà di un amore giurato. Come si può, dunque, abbracciare con tanta facilità qualunque nuova dottrina, e farsi con tanta leggerezza quasi permeare da idee e da usi contrari allo spirito di Gesù Cristo?

Vengono i falsi profeti, affascinano come può affascinare una donna corrotta, promulgano nuove massime, pretendono di creare una nuova famiglia umana sulle basi delle loro concezioni fantastiche ed empie, formano le loro combriccole come caricatura della Chiesa, e chi li segue è adultero, perché rinnega la Legge di Dio per la stolta parola dell’uomo!

È così che le nazioni a mano a mano apostatano dalla Chiesa, e cadono in quelle confusioni banali alle quali assistiamo noi stessi, diventando le sinagoghe di satana.

Le civiltà che non sono fondate sul Vangelo e sulle Leggi della Chiesa durano quanto dura un adulterio: finché dura la passione disordinata, o finché si riesce a farla durare a via di belletti e di seduzioni l’adulterio sembra il più felice degli stati coniugali; ma quando la passione cade, quelle società diventano e si manifestano per quello che sono: un disordine ed una rovina.

Sorgono i falsi profeti, seducono le plebi con le promesse roboanti, fingono di mantenerle coi belletti delle leggi draconiane e della disciplina prepotente. Si autoelogiano, asservono la stampa, e fanno apparire come un successo meraviglioso delle nuove idee quello che è solo una presa in giro. Credono di aver creato una nuova società da sostituirsi alla Chiesa, ed hanno commesso solo un adulterio. Appena cadono i belletti della politica o una nuova passione agita le turbe, la casa adultera si sfascia; si sfascia e gli edifici che sembravano di ferro cadono come misere costruzioni di fragile terriccio.

Non ci facciamo illudere più; siamo stati abbastanza ingannati dalle grazie di tale prostituzione; domandiamo a chi si presenta come riformatore la sua carta d’identità, la sua carta di fedeltà alla Chiesa Cattolica, Apostolica, Romana; se non ce l’ha non gli prestiamo fede, è un misero mezzano di novelli adultèri dello spirito!

Don Dolindo Ruotolo