Una vita lunga mezz’ora, ma ne è valsa la pena

Nella biblioteca del “Dipartimento Tutela salute della donna e della vita nascente, del bambino e dell’adolescente” eravamo in 13: ginecologi, neonatologi, bioeticisti, ostetriche, specializzandi, responsabili della sala parto, riuniti per parlare di Emanuele, il bimbo con Trisomia 13, che di lì a pochi giorni avrebbe visto la luce. Tredici persone per un bambino con Trisomia 13, quasi una cabala. 

Il grembo materno e paterno lo aveva comunque accolto, pur nella sua diversità numerica di cromosomi e pur nella consapevolezza che la diagnosi connotava una storia naturale infausta, di un bimbo che, purtroppo, sarebbe stato incompatibile con la vita. Tuttavia, anche se la sentenza della genetica era già stabilita, l’aritmetica del cuore ne aveva cambiato il significato: accompagnare fino all’ultimo il proprio figlio era amarlo nel dolore, sì, ma senza disperazione; era un fidarsi di Dio contro ogni apparente ragionevolezza.

Nessuna vita è inutile: innanzitutto perché è il frutto di un amore che è “utilissimo” nel vissuto di ogni coppia, di ogni padre e di ogni madre e poi perchè la dignità di ogni esistenza è indipendente da quanto tempo avrà. Madre Teresa raccogliendo un moribondo sul ciglio della strada a Calcutta lo ripulì, lo dissetò, lo accolse dandogli un’altra mezz’ora di vita. Solo mezz’ora, è vero, ma un tempo sufficiente a cambiare il cuore di quell’uomo: “Sono vissuto come un cane, muoio come un angelo. Grazie!”, e spirò.

Emanuele è nato dopo 10 giorni dalla nostra riunione e con travaglio spontaneo, è stato battezzato, abbracciato ed accolto dai suoi genitori, ed è morto dopo mezz’ora. Anche lui solo mezz’ora: ma quanta pace nel cuore dei genitori. In un periodo in cui si respira sempre di più l’aria della sindrome da feto perfetto, impegnando energie e risorse economiche della scienza prenatale solo sulla diagnosi delle malattie e non altrettanto vigore sulle possibilità di cura e di terapia, si consegna alle coppie una medicina senza speranza, aumentando il carico di solitudine e di individualismo. 

Mentre tutto questo avviene 13 medici discutono per due ore sulla nascita di un bimbo con Trisomia 13, sulla nascita di un feto imperfetto sul piano cromosomico e quindi incompatibile con la vita ma non così per Dio: “Ti ho fatto come un prodigio e prima che le tue viscere fossero formate io già ti conoscevo”. Riscoprire la preziosità della vita umana è una difesa ineludibile per ogni coscienza. Ho pensato alla frase di san Giovanni Paolo II: “Se vuoi scoprire la sorgente, devi andare contro corrente”. 

L’impegno di noi medici è andare contro corrente, la corrente dell’indifferenza e della solitudine del cuore per permettere la vita – anche solo per mezz’ora – a un bambino incompatibile con essa e donare la pace ai suoi genitori. Questo servizio non è inutile: è solo una goccia, sicuramente, ma come dice Madre Teresa “metti la tua goccia per fare arrivare l’oceano di Dio”. No, nessuna vita è inutile.

Giuseppe Noia

Presidente Aigoc

Associazione ginecologi ostetrici cattolici

Tratto da Avvenire 11 dicembre 2014