Il peccato è “un’offesa a Dio” ma “la Sua misericordia è più grande”

La Chiesa: famiglia di Dio è stato il tema dell’Udienza Generale di questa mattina, con la quale papa Francesco ha inaugurato un nuovo ciclo di catechesi sul Mistero della Chiesa, prendendo spunto dalle espressioni dei testi del Concilio Vaticano II.

L’Udienza si è tenuta in piazza San Pietro, con circa 100mila pellegrini presenti, nonostante il maltempo.“Complimenti per il vostro coraggio, sotto la pioggia, bravi!”, ha commentato il Santo Padre, al suo arrivo a bordo di una jeep scoperta, a dispetto delle condizioni meteorologiche.

Il Papa ha articolato la catechesi, partendo dal Vangelo del figliol prodigo (cfr. Lc 15,11-32), da lui più volte citato in questi primi tre mesi di pontificato. “Questa parabola, come altre nel Vangelo, indica bene il disegno di Dio sull’umanità”, ha commentato.

Il progetto di Dio per l’umanità è, in primo luogo, quello di “fare di tutti noi un’unica famiglia”, in cui ognuno “si senta amato da lui” e senta “il calore di essere famiglia di Dio”.

In questo grande disegno si radica la Chiesa che “non è un’organizzazione nata da un accordo di alcune persone, ma – come ci ha ricordato tante volte il Papa Benedetto XVI – è opera di Dio, nasce proprio da questo disegno di amore che si realizza progressivamente nella storia”, ha spiegato Francesco.

La parola greca “ekklesia” significa infatti “convocazione”: una grande assemblea familiare in cui Dio convoca tutti gli uomini, spingendoli “ad uscire dall’individualismo, dalla tendenza a chiudersi in se stessi”.

Inoltre Dio chiede agli uomini di vivere “in una relazione di profonda amicizia con Lui” e non li abbandona mai, “anche quando il peccato ha rotto questa relazione con Lui, con gli altri e con il creato”.

Tutta la storia della salvezza, del resto, “è la storia di Dio che cerca l’uomo, gli offre il suo amore, lo accoglie – ha detto il Papa -. Ha chiamato Abramo ad essere padre di una moltitudine, ha scelto il popolo di Israele per stringere un’alleanza che abbracci tutte le genti, e ha inviato, nella pienezza dei tempi, il suo Figlio perché il suo disegno di amore e di salvezza si realizzi in una nuova ed eterna alleanza con l’umanità intera”.

È quello che avviene con Gesù, che “raduna intorno a sé una piccola comunità che accoglie la sua parola, lo segue, condivide il suo cammino, diventa la sua famiglia, e con questa comunità Egli prepara e costruisce la sua Chiesa”.

La Chiesa, a sua volta, “nasce dal gesto supremo di amore della Croce, dal costato aperto di Gesù da cui escono sangue ed acqua, simbolo dei Sacramenti dell’Eucaristia e del Battesimo”. La Chiesa ha, come linfa vitale, “l’amore di Dio che si concretizza nell’amare Lui e gli altri, tutti, senza distinzioni e misura”: essa è una “famiglia in cui si ama e si è amati”.

La manifestazione della Chiesa avviene con la Pentecoste, “quando il dono dello Spirito Santo riempie il cuore degli Apostoli e li spinge ad uscire e iniziare il cammino per annunciare il Vangelo, diffondere l’amore di Dio”.

Papa Francesco ha poi menzionato due diffusi luoghi comuni di oggi, ovvero gli atteggiamenti di chi afferma “Cristo sì, Chiesa no”, oppure “io credo in Dio ma non nei preti”. Invece è “proprio la Chiesa che ci porta Cristo e che ci porta a Dio”.

La Chiesa, essendo fatta di uomini, “ha anche aspetti umani” e nei suoi Pastori e fedeli, “ci sono difetti imperfezioni, peccati, anche il Papa ne ha tanti, ma il bello è che quando noi ci accorgiamo di essere peccatori, troviamo la misericordia di Dio, il quale sempre perdona”, ha detto il Santo Padre.

Il peccato è sicuramente “un’offesa a Dio”, ha aggiunto, ma è anche “un’opportunità di umiliazione per accorgersi che c’è un’altra cosa più bella: la misericordia di Dio”.

Ogni cristiano dovrebbe domandarsi: “Quanto amo io la Chiesa? Prego per lei? Mi sento parte della famiglia della Chiesa? Che cosa faccio perché sia una comunità in cui ognuno si senta accolto e compreso, senta la misericordia e l’amore di Dio che rinnova la vita?”.

Papa Francesco ha poi concluso la catechesi ricordando che “la fede è un dono e un atto che ci riguarda personalmente, ma Dio ci chiama a vivere insieme la nostra fede, come famiglia, come Chiesa”.

Di Luca Marcolivio

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La catechesi di papa Francesco durante l’Udienza Generale di mercoledì 29 maggio

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Mercoledì scorso ho sottolineato il legame profondo tra lo Spirito Santo e la Chiesa. Oggi vorrei iniziare alcune catechesi sul mistero della Chiesa, mistero che tutti noi viviamo e di cui siamo parte. Lo vorrei fare con espressioni ben presenti nei testi del Concilio Ecumenico Vaticano II.

Oggi la prima: la Chiesa come famiglia di Dio.

In questi mesi, più di una volta ho fatto riferimento alla parabola del figlio prodigo, o meglio del padre misericordioso (cfr Lc 15,11-32). Il figlio minore lascia la casa del padre, sperpera tutto e decide di tornare perché si rende conto di avere sbagliato, ma non si ritiene più degno di essere figlio e pensa di poter essere riaccolto come servo. Il padre invece gli corre incontro, lo abbraccia, gli restituisce la dignità di figlio e fa festa. Questa parabola, come altre nel Vangelo, indica bene il disegno di Dio sull’umanità.

Qual è questo progetto di Dio? E’ fare di tutti noi un’unica famiglia dei suoi figli, in cui ciascuno lo senta vicino e si senta amato da Lui, come nella parabola evangelica, senta il calore di essere famiglia di Dio. In questo grande disegno trova la sua radice la Chiesa, che non è un’organizzazione nata da un accordo di alcune persone, ma – come ci ha ricordato tante volte il Papa Benedetto XVI – è opera di Dio, nasce proprio da questo disegno di amore che si realizza progressivamente nella storia. La Chiesa nasce dal desiderio di Dio di chiamare tutti gli uomini alla comunione con Lui, alla sua amicizia, anzi a partecipare come suoi figli della sua stessa vita divina. La stessa parola “Chiesa”, dal greco ekklesia, significa “convocazione”: Dio ci convoca, ci spinge ad uscire dall’individualismo, dalla tendenza a chiudersi in se stessi e ci chiama a far parte della sua famiglia. E questa chiamata ha la sua origine nella stessa creazione. Dio ci ha creati perché viviamo in una relazione di profonda amicizia con Lui, e anche quando il peccato ha rotto questa relazione con Lui, con gli altri e con il creato, Dio non ci ha abbandonati. Tutta la storia della salvezza è la storia di Dio che cerca l’uomo, gli offre il suo amore, lo accoglie. Ha chiamato Abramo ad essere padre di una moltitudine, ha scelto il popolo di Israele per stringere un’alleanza che abbracci tutte le genti, e ha inviato, nella pienezza dei tempi, il suo Figlio perché il suo disegno di amore e di salvezza si realizzi in una nuova ed eterna alleanza con l’umanità intera. Quando leggiamo i Vangeli, vediamo che Gesù raduna intorno a sé una piccola comunità che accoglie la sua parola, lo segue, condivide il suo cammino, diventa la sua famiglia, e con questa comunità Egli prepara e costruisce la sua Chiesa.

Da dove nasce allora la Chiesa? Nasce dal gesto supremo di amore della Croce, dal costato aperto di Gesù da cui escono sangue ed acqua, simbolo dei Sacramenti dell’Eucaristia e del Battesimo. Nella famiglia di Dio, nella Chiesa, la linfa vitale è l’amore di Dio che si concretizza nell’amare Lui e gli altri, tutti, senza distinzioni e misura. La Chiesa è famiglia in cui si ama e si è amati.

Quando si manifesta la Chiesa? L’abbiamo celebrato due domeniche fa; si manifesta quando il dono dello Spirito Santo riempie il cuore degli Apostoli e li spinge ad uscire e iniziare il cammino per annunciare il Vangelo, diffondere l’amore di Dio.

Ancora oggi qualcuno dice: “Cristo sì, la Chiesa no”. Come quelli che dicono “io credo in Dio ma non nei preti”. Ma è proprio la Chiesa che ci porta Cristo e che ci porta a Dio; la Chiesa è la grande famiglia dei figli di Dio. Certo ha anche aspetti umani; in coloro che la compongono, Pastori e fedeli, ci sono difetti, imperfezioni, peccati, anche il Papa li ha e ne ha tanti, ma il bello è che quando noi ci accorgiamo di essere peccatori, troviamo la misericordia di Dio, il quale sempre perdona. Non dimenticatelo: Dio sempre perdona e ci riceve nel suo amore di perdono e di misericordia. Alcuni dicono che il peccato è un’offesa a Dio, ma anche un’opportunità di umiliazione per accorgersi che c’è un’altra cosa più bella: la misericordia di Dio. Pensiamo a questo.

Domandiamoci oggi: quanto amo io la Chiesa? Prego per lei? Mi sento parte della famiglia della Chiesa? Che cosa faccio perché sia una comunità in cui ognuno si senta accolto e compreso, senta la misericordia e l’amore di Dio che rinnova la vita? La fede è un dono e un atto che ci riguarda personalmente, ma Dio ci chiama a vivere insieme la nostra fede, come famiglia, come Chiesa.

Chiediamo al Signore, in modo del tutto particolare in quest’Anno della fede, che le nostre comunità, tutta la Chiesa, siano sempre più vere famiglie che vivono e portano il calore di Dio.

[Dopo la catechesi, il Papa si è rivolto ai fedeli provenienti dai vari paesi salutandoli nelle diverse lingue. Ai pellegrini italiani ha detto:]

Prima di salutare i fedeli di lingua italiana, vorrei rivolgere un cordiale saluto ai pellegrini provenienti dall’Albania, con i rispettivi Vescovi; a quelli provenienti dal Kosovo, con il loro Pastore; e al pellegrinaggio dei Militari dell’Ucraina. Cari fratelli e sorelle, vi ringrazio per la vostra presenza a questo incontro ed auspico che la vostra visita alle tombe degli apostoli vi rafforzi nella fede, consolidi la vostra speranza e animi in voi l’amore sempre pronto a servire l’uomo. Benedico di cuore voi, le vostre famiglie e i vostri connazionali.

Saluto ora i numerosi pellegrini di lingua italiana: parrocchie, associazioni, enti e scuole. In particolare, rivolgo un cordiale pensiero ai fedeli delle Comunità diocesane de L’Aquila, Vallo della Lucania, Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi, accompagnati dai rispettivi Pastori. Il vostro pellegrinaggio in questo Anno della fede aiuti ciascuno di voi ad aderire più pienamente a Cristo e a testimoniarlo con gioia e con coraggio. Saluto i partecipanti all’incontro promosso dalla Caritas Italiana, con il Vescovo Presidente Mons. Giuseppe Merisi; come pure quanti prendono parte all’incontro della fondazione «Comunità di Gesù»; i seminaristi e gli studenti della Pontificia Facoltà dell’Italia meridionale e il pellegrinaggio promosso dalle Suore dell’Immacolata di Genova.

Mi rivolgo, infine, a voi, cari giovani, ammalati e sposi novelli. In quest’ultima Udienza del mese di maggio il pensiero va spontaneamente a Maria Santissima, stella luminosa del nostro cammino cristiano. Facciamo costante riferimento a Lei per trovare nella sua intercessione e nei suoi esempi ispirazione e guida sicura nel nostro quotidiano pellegrinaggio di fede.