Un Pontificato che coinvolge e che sconvolge

La discesa dalla Papamobile per abbracciare un malato, l’anello d’argento, l’omelia semplice ed efficace: Papa Francesco sorprende ancora tutti. Ma non soffermiamoci solo agli aspetti  

È difficile stare dietro a Papa Francesco. Il nuovo Vescovo di Roma – come continua a definire se stesso – ha spiazzato ancora una volta tutti nella Messa di oggi per l’inizio del suo Pontificato, con gesti spontanei e parole ricche di verità.

A cominciare dal giro in Papamobile nella folla prima della Messa, cominciato quasi all’improvviso tra le urla sorprese della gente e durato un po’ più del solito. Papa Francesco ha percorso tutte le vie libere del Sagrato fino al limite tra la Piazza e via della Conciliazione, godendosi anche la stupenda giornata di sole, velata solo più tardi da qualche nuvola grigia.

Che sia un Papa imprevedibile lo avevamo già capito domenica scorsa osservando il “lancio” (incauto secondo molti) nella vasta folla che lo attendeva fuori la Chiesa di Sant’Anna. Gli addetti alla sicurezza con molte probabilità avevano previsto anche per oggi un “fuori programma” del Pontefice, ma mai avrebbero immaginato che Bergoglio, a metà tragitto, fermasse la Papamobile per scendere di corsa e salutare un paraplegico. O che si chinasse dalla macchina per prendere in braccio una bambina e benedirla.

Sono quei piccoli grandi gesti che hanno già fatto innamorare il mondo di questo Papa. Certo, considerando i “tappeti umani” dell’ultimo Angelus o della sera dell’Habemus Papam di mercoledì, ci si aspettava un po’ più di gente per una Messa così importante.

Sarà stato per il giorno feriale o per le esagerate previsioni di ieri che annunciavano un milione di persone, una cifra impressionante anche per i fedeli più volenterosi che avranno forse optato alla fine per un più comodo streaming sul CTV. Vista dall’alto Piazza San Pietro non sembrava così affollata. O almeno non per i grandi numeri a cui ci ha abituato Papa Francesco nelle sue prime apparizioni pubbliche.

La Piazza si è gremita piano piano e solo dopo un po’ di tempo i blocchi di persone si sono estesi fino a dopo il colonnato. La Santa Sede, in ogni caso, ha parlato di più di 200 mila persone presenti alla cerimonia. Il gruppo più folto era sicuramente quello di giornalisti, fotografi, operatori audio e video, “ammassati” sul braccio di Carlo Magno tanto da rendere impossibile anche il minimo affaccio.

I fedeli presenti erano entusiasti – lo dichiaravano a caratteri cubitali nei loro striscioni – ma più attenti e silenziosi delle altre occasioni, rispettosi della natura dell’evento. Anche gli applausi erano dosati, ma più di una volta hanno interrotto bonariamente il Santo Padre durante l’omelia.

Ad ascoltare il Papa c’erano tutti: in primis le delegazioni dell’Argentina guidate dalla presidentessa Cristina Fernández de Kirchner, ricevuta ieri in Udienza, e quelle dell’Italia con le cinque più alte cariche dello Stato. Poi i membri delle 132 delegazioni ufficiali, i delegati delle altre Chiese, religioni e comunità cristiane (tra cui musulmani, buddhisti e induisti) e naturalmente tutti i cardinali e vescovi, i sacerdoti e i seminaristi della Diocesi di Roma.

In assoluto, però, si può definire storica la presenza del Patriarca ecumenico della Chiesa ortodossa, Bartolomeo I. Come ha commentato Vatican Insider, è la prima volta dal 1024, anno in cui la Chiesa ortodossa si separò da quella cattolica, che all’insediamento di un Pontefice assiste il Patriarca ecumenico che ha sede a Istanbul (l’antica Costantinopoli) ed è considerato un «primus inter pares» tra i 14 patriarchi orientali, nonchè punto di riferimento della comunione della Chiesa ortodossa.

La cerimonia è stata ricca e articolata, ma si è svolta semplicemente, rispecchiando più il titolo di “Messa d’inizio del ministero petrino” che di “intronizzazione del Vescovo di Roma”, come veniva chiamata fino a Paolo VI. Se già con Giovanni Paolo I questa celebrazione aveva assunto il carattere di una normale celebrazione, oggi con Papa Bergoglio è diventata una semplice Messa preceduta dai gesti simbolici dell’imposizione del Pallio e della consegna dell’Anello Piscatorio.

La voce del Papa era dolce, si è alzata di tono quando ha pronunciato le parole “servizio”, “carità”, “cura del creato” e quando ha rimarcato l’appello: “Non lasciamo che segni di distruzione e di morte accompagnino il cammino di questo nostro mondo!”. Nell’omelia, al contrario delle aspettative, Bergoglio non ha improvvisato, ha letto rispettosamente il testo, consapevole anche del lavoro già pronto di traduzione nelle diverse lingue.

Il Santo Padre aveva comunque già dato sfogo alla sua creatività questa mattina, quando ha telefonato in diretta alle migliaia di fedeli argentini riuniti a Plaza de Majo. Forse era un modo implicito per farsi “perdonare” di averli fermati tutti a Buenos Aires, pregandoli di non spendere grandi somme di denaro per il viaggio, ma di devolverle piuttosto in beneficenza. “Vi chiedo un piacere – ha detto ai suoi connazionali – camminiamo insieme, prendiamoci cura uno dell’altro, abbiate cura della famiglia e dei bambini, che non ci sia odio o invidia, dialogate tra voi”.

A fine Messa, durante le note del Te Deum, si è sentito qualche “Viva il Papa!” o i cori osannanti “Francesco, Francesco”. Il Pontefice si è congedato dal popolo ed è rientrato nella Basilica. Lì lo attendeva la lunga trafila di saluti e sorrisi con le 132 delegazioni di ogni parte del mondo, che il Santo Padre ha elargito con la massima spontaneità. A qualcuno ha concesso anche un abbraccio sincero, con i latino americani si è soffermato qualche minuto in più e sembrava contento di aver ricevuto lettere e piccoli regali.

Tutti hanno baciato devotamente l’Anello del Pescatore ricevuto oggi, con l’effigie di Pietro con le chiavi in mano, opera dello scultore Manfrini. Un anello che da ieri è al centro dei titoli di tutti i giornali, perché composto da argento e non da oro puro. E questo, si sa, fa scalpore.

Ci si augura che prima o poi si superi questa fase sensazionalistica e si vada oltre certi dettagli dal sapore di gossip. Già per otto anni il mondo non ha apprezzato fino in fondo la ricchezza intellettuale e spirituale del Magistero di Joseph Ratzinger, perché preso dal criticare la sua immagine “troppo ricca” o la sua timidezza scambiata per freddezza. Per non parlare delle continue battute sulle famigerate scarpe rosse “di Prada”, prodotte invece da un artigiano di Novara e messe a punto da un ciabattino peruviano di via del Falco.

Ora che lo Spirito Santo ha donato un Pontefice, almeno nello “stile”, totalmente differente dal predecessore, che compia tutti quei gesti che il mondo si aspetta da un Pastore, si spera almeno di non scadere nella banalità. Il rischio è che le scarpe nere e non rosse e la croce di ferro diventino più rilevanti di un Ministero basato sul servizio e sulla carità, e che gli abbracci spontanei e le moine con il pubblico colpiscano più degli inviti alla misericordia e a porre Cristo al centro della vita.

In tal senso, un grande compito spetta ora a noi giornalisti, che troppo spesso attratti dalle curiosità e dai caratteri di discontinuità con i Papi precedenti, tendiamo a ricalcare determinati aspetti, con il pericolo di far risultare “pauperistico” un uomo abituato a stare con e tra la gente, o “semplicione” e “stravagante” un Pontefice dalla straordinaria levatura morale.

Di Salvatore Cernuzio Tratto da Zenit 20/03/2013