La storia straordinaria delle apparizioni di Guadalupe e dell’immagine miracolosa

Nel secolo XVI, la
Santa Vergine, piena di pietà per il popolo azteco che, vivendo nelle tenebre
dell’idolatria, offriva agli idoli innumerevoli vittime umane, si è degnata di
prendere in mano l’evangelizzazione degli Indiani dell’America
Centrale che erano anch’essi Suoi figli.

Un dio degli
Aztechi, cui era attribuita la fertilità, si era trasformato, con l’andar del
tempo, in dio feroce.

Simbolo del sole,
quel dio, in lotta permanente con la luna e le stelle, aveva bisogno – così si
credeva– di sangue umano per restaurare le proprie forze, poiché, se fosse
perito, la vita si sarebbe spenta.

Sembrava dunque
indispensabile offrigli, in perpetuo sacrificio, sempre nuove vittime.

    Un’aquila su un
cactus

I sacerdoti aztechi avevano profetizzato che
il loro popolo nomade si sarebbe insediato nel luogo in cui si fosse mostrata
un’aquila che, appollaiata su un cactus, divorasse un serpente.

L’aquila figura
sulla bandiera del Messico attuale. Giunti su un’isola palustre, in mezzo al
lago Texcoco, gli Aztechi vedono compiersi il preannunciato presagio:
un’aquila, appollaiata su un cactus, sta divorando un serpente; siamo nel 1369.

Fondano quindi lì
la città di Tenochtitlán, che diventerà Città del Messico. Essa si sviluppa
fino a diventare una vasta città su palafitte con numerosi giardini in cui
abbondano fiori, frutti e verdure.

Nel 1474, nasce un
bambino cui vien dato il nome di Cuauhtlatoazin («aquila parlante»). Alla morte
di suo padre, è lo zio che si incarica del piccolo. Fin dall’età di tre anni,
gli si insegna, come a tutti i bambini aztechi, a partecipare ai lavori
domestici ed a comportarsi dignitosamente. A scuola, impara il canto, la danza
e soprattutto la religione con i suoi molteplici dèi. I sacerdoti hanno una
grande influenza sulla popolazione, che mantengono in una sottomissione che va
fino al terrore.

Cuauhtlatoazin ha
tredici anni, quando si procede alla consacrazione del gran Tempio di
Tenochtitlán. Nel corso di quattro giorni, i sacerdoti sacrificano al loro dio
80.000 vittime umane. Dopo il servizio militare, Cuauhtlatoazin si sposa con
una ragazza della sua condizione. Insieme, conducono una modesta vita di agricoltori.

 Nel 1519, lo
spagnolo Cortés sbarca nel Messico, alla testa di più di 500 soldati. Conquista
il paese per conto della Spagna, ma non senza zelo per l’evangelizzazione degli
Aztechi; nel 1524, ottiene la venuta a Città del Messico di dodici Francescani.
I missionari s’integrano facilmente nella popolazione; la loro bontà contrasta
con la durezza dei sacerdoti aztechi e con quella di certi conquistatori. Si
cominciano a costruire chiese. Tuttavia, gli Indiani si mostrano assai
refrattari al Battesimo, soprattutto a causa della poligamia che dovrebbero
abbandonare.

Cuauhtlatoazin e
sua moglie sono fra i primi a ricevere il Battesimo, ed assumono
rispettivamente i nomi di Juan Diego e Maria Lucia. Alla morte di quest’ultima,
nel 1529, Juan Diego si ritira a Tolpetlac, a 14 km da Città del Messico,
presso lo zio Juan Bernardino, diventato pure lui cristiano.

Il 9 dicembre
1531, come sempre il sabato, egli parte prestissimo la mattina per assistere
alla Messa celebrata in onore della Santa Vergine, presso i Frati francescani,
vicino a Città del Messico.

Passa ai piedi
della collina di Tepeyac (vicino alla odierna Città del Messico, denominate di
Guadalupe, vocabolo spagnolo derivato per semplice somiglianza di suono dalla
parola azteca Cuatlaxupeh = colei che calpesta il serpente).

Improvvisamente, sente un canto dolce e sonoro
che gli sembra provenga da una gran moltitudine di uccelli. Alzando gli occhi
verso la cima della collina, vede una nuvola bianca e sfavillante. Guarda
intorno a sé e si chiede se non stia sognando. Improvvisamente il canto tace ed
una voce di donna, dolce e delicata, lo chiama: «Juanito! Juan
Dieguito!»

S’inerpica rapidamente sulla collina e si trova davanti ad
una giovane bellissima, le cui vesti brillano come il sole.

    «Un tempio in cui
manifesterò il mio amore»

Rivolgendosi a lui
in nahuatl, la sua lingua materna, gli dice: “Figlio mio,
Juanito, dove vai?”

– Nobile Signora, mia Regina, vado a Messa a Città del
Messico per apprendervi le cose divine che ci insegna il sacerdote. 

“Voglio
che tu sappia con certezza, caro figlio, che io sono la perfetta e sempre
Vergine Maria, Madre del vero Dio da cui proviene ogni vita, il Signore di
tutte le cose, Creatore del cielo e della terra. Ho un grandissimo desiderio:
che si costruisca, in mio onore, un tempio in cui manifesterò il mio amore, la
mia compassione e la mia protezione. Sono vostra madre, piena di pietà e
d’amore per voi e per tutti coloro che mi amano, hanno fiducia in me e a me
ricorrono. Ascolterò le loro lamentele e lenirò la loro afflizione e le loro
sofferenze. Perché possa manifestare tutto il mio amore, va’ ora dal vescovo, a
Città del Messico, e digli che ti mando da lui per fargli conoscere il grande
desiderio che provo di veder costruire, qui, un tempio a Me consacrato”.

Juan Diego si
reca immediatamente al vescovado. Monsignor Zumárraga, religioso francescano,
primo vescovo di Città del Messico, è un uomo pio e pieno di zelo il cui cuore
trabocca di bontà per gli Indiani; ascolta attentamente il pover’uomo, ma,
temendo un’illusione, non gli dà credito. Verso sera, Juan Diego prende la via
del ritorno. In cima alla collina di Tepeyac, ha la felice sorpresa di
ritrovare l’Apparizione; rende conto della sua missione, poi aggiunge: “Vi supplico di
affidare il vostro messaggio a qualcuno più noto e rispettato, affinché possa
essere creduto. Io sono solo un modesto Indiano che avete mandato da una
persona altolocata in qualità di messaggero. Perciò non sono stato creduto ed
ho potuto soltanto causarvi una gran delusione”. 

” Figlio carissimo, risponde la
Signora, devi capire che vi sono persone molto più nobili cui avrei potuto
affidare il mio messaggio, e tuttavia è grazie a te che il mio progetto si
realizzerà. Torna domani dal vescovo… digli che sono io in persona, la Santa
Vergine Maria, Madre di Dio, che ti manda”.

    La domenica
mattina dopo la Messa, Juan Diego si reca dal vescovo. Il prelato gli fa molte
domande, poi chiede un segno tangibile della realtà dell’apparizione. Quando
Juan Diego se ne torna a casa, il vescovo lo fa seguire discretamente da due domestici.
Sul ponte di Tepeyac, Juan Diego scompare ai loro occhi, e, malgrado tutte le
ricerche effettuate sulla collina e nei dintorni, essi non lo ritrovano più.
Furenti, dichiarano al vescovo che egli è un impostore e che non bisogna
assolutamente credergli. Durante il medesimo tempo, Juan Diego riferisce alla
bella Signora, che lo aspettava sulla collina, il nuovo colloquio avuto con il
vescovo: “Torna domattina a prendere il segno che reclama”, risponde
l’Apparizione.

  

    Rose, in pieno
inverno!

Tornando a casa,
l’Indiano trova lo zio malato e il giorno seguente deve rimanere al suo
capezzale per curarlo. Poiché la malattia si aggrava, lo zio chiede al nipote
di andare a cercare un sacerdote.

All’alba, il
martedì 12 dicembre, Juan Diego si avvia verso la città. Quando si avvicina
alla collina di Tepeyac, giudica preferibile fare una deviazione per non
incontrare la Signora. Ma, improvvisamente, la vede venirgli incontro. Tutto
confuso, le espone la situazione e promette di tornare non appena avrà trovato
un sacerdote per dare l’olio santo allo zio.

“Figliolo caro,
replica l’Apparizione, non temere e non affliggerti. non si turbi il tuo cuore e non preoccuparti né di questa, né di qualsiasi altra infermità. Non sto forse qui Io che sono tua madre? Non stai forse sotto la Mia protezione? Non sono forse Io la fonte della tua gioia? Non sei forse nel cavo del Mio manto, nella croce delle Mie braccia? Cosa vuoi di più? Niente deve affliggerti e turbarti. Non angustiarti per l’infermità di tuo zio perchè per ora non morità. Sappi anzi con certezza che è già perfettamente guarito. Va’ fin in cima alla collina, cogli i
fiori che ci vedrai e portameli”
. Arrivato in cima, l’Indiano è stupefatto di
trovarvi un gran numero di fiori sbocciati, rose di Castiglia, che spandono un
profumo quanto mai soave. In questa stagione invernale, infatti, il freddo non
lascia sussistere nulla, ed il luogo è troppo arido per permettere la coltura
dei fiori. Juan Diego coglie le rose, le deposita nel mantello, o tilma, poi
ridiscende dalla collina.

“Figlio caro, dice
la Signora, questi fiori sono il segno che darai al vescovo… Questo lo
disporrà a costruire il tempio che gli ho chiesto”
. Juan Diego corre al
vescovado.

Quando arriva, i
domestici lo fanno aspettare per lunghe ore. Stupiti che sia tanto paziente, e
incuriositi da quel che porta nella tilma, finiscono per avvertire il vescovo,
il quale, malgrado si trovi in compagnia di parecchie persone, lo fa entrare
immediatamente. L’Indiano racconta la sua avventura, apre la tilma e lascia
sparpagliarsi per terra i fiori ancora brillanti di rugiada. Con le lacrime
agli occhi, Monsignor Zumárraga cade in ginocchio, ammirando le rose del suo
paese. Ad un tratto, scorge, sulla tilma, il ritratto di Nostra Signora. Vi è
Maria, come impressa sul mantello, bellissima e piena di dolcezza. I dubbi del
vescovo lasciano il posto ad una solida fede e ad una speranza incantata.
Prende la tilma e le rose, e le deposita rispettosamente nel suo oratorio
privato. Il giorno dopo, si reca con Juan Diego sulla collina delle
apparizioni. Dopo aver esaminato i luoghi, lascia che il veggente torni dallo
zio. Juan Bernardino è effettivamente guarito. La guarigione si è prodotta
all’ora stessa in cui Nostra Signora appariva a suo nipote. Racconta: “L’ho
vista anch’io. È venuta proprio qui e mi ha parlato. Vuole che le si eriga un
tempio sulla collina di Tepeyac e che si chiami il suo ritratto «Santa Maria di
Guadalupe». Ma non mi ha spiegato perché”. Il nome di Guadalupe è ben noto agli
Spagnoli, poiché esiste nel loro paese un antichissimo santuario consacrato a
Nostra Signora di Guadalupe.

La notizia del
miracolo si sparge rapidamente; in poco tempo, Juan Diego diventa popolare:
«Accrescerò la tua fama», gli aveva detto Maria; ma l’Indiano rimane sempre
altrettanto umile. Per facilitare la contemplazione dell’Immagine, Monsignor
Zumárraga fa trasportare la tilma nella cattedrale. Poi intraprende la
costruzione di una chiesetta e di un eremo, per Juan Diego, sulla collina delle
apparizioni. Il 25 dicembre seguente, il vescovo consacra la cattedrale alla
Santissima Vergine, al fine di ringraziarla per i favori insigni di cui Ella ha
ricolmato la diocesi; poi, in una magnifica processione, l’Immagine miracolosa
viene portata verso il santuario di Tepeyac, che è appena stato ultimato. Per
manifestare la loro gioia, gli Indiani tirano frecce. Una di esse, lanciata
senza precauzioni, trafigge la gola di uno dei presenti che cade a terra,
ferito mortalmente. Subentra un silenzio impressionante ed una supplica intensa
sale verso la Madre di Dio. Improvvisamente, il ferito, che è stato depositato ai
piedi dell’Immagine miracolosa, riprende i sensi e si rialza, pieno di vigore.
L’entusiasmo della folla è al colmo.

    Milioni d’indiani
diventati Cristiani

 Juan Diego si
sistema nel piccolo eremo e veglia alla manutenzione ed alla pulizia del luogo.
La sua vita rimane molto modesta: coltiva con cura un campo messo a sua
disposizione presso il santuario. Riceve i pellegrini, sempre più numerosi,
parlando loro con molto piacere della Santa Vergine e raccontando senza
stancarsi i particolari delle apparizioni. Gli vengono affidate intenzioni di
preghiere di ogni genere. Ascolta, compatisce, conforta. Passa una gran parte
del suo tempo libero in contemplazione davanti all’immagine della sua Signora;
i suoi progressi sulla via della santità sono rapidi. Un giorno dopo l’altro,
compie la sua missione di testimone, fino alla morte che avverrà il 9 dicembre
1548, diciassette anni dopo la prima apparizione.

Quando gli Indiani
appresero la notizia delle apparizioni di Nostra Signora, si sparsero fra loro
un entusiasmo ed una gioia indicibili. Rinunciando agli idoli, alle
superstizioni, ai sacrifici umani ed alla poligamia, molti chiesero il
Battesimo. Nei nove anni che seguirono le apparizioni, nove milioni di loro
furono convertiti alla fede cristiana, vale a dire 3000 al giorno!

I particolari
dell’Immagine di Maria colpiscono profondamente gli Indiani: quella donna è più
grande del “dio-sole”, poiché appare in piedi davanti al sole; supera il
“dio-luna”, poiché tiene la luna sotto ai suoi piedi; non è più di questo
mondo, poiché è circondata di nuvole ed è tenuta al di sopra del mondo da un
angelo; le mani giunte la mostrano in preghiera, il che significa che c’è
qualcuno di più grande di lei…

Ma, ancora oggi,
il mistero dell’Immagine miracolosa è grande. La tilma, vasto grembiule tessuto
a mano con fibre di cactus, porta l’Immagine sacra di un’altezza di 1,43 m. Il
viso della Vergine è perfettamente ovale e di un color grigio che tende al
rosa. Gli occhi hanno un’intensa espressione di purezza e di dolcezza. La bocca
sembra sorridere. La bellissima faccia, simile a quella di un’Indiana meticcia,
è incorniciata da una chioma nera che, vista da vicino, comporta capelli di
seta. Un’ampia tunica, di un rosa incarnato che non si è mai potuto riprodurre,
la copre fino ai piedi. Il mantello, azzurro-verde, è bordato di un gallone
d’oro e cosparso di stelle. Un sole di vari toni forma uno sfondo magnifico in
cui brillano raggi d’oro. 

La conservazione
della tilma, dal 1531 ad oggi, rimane inspiegabile. In capo a più di quattro
secoli, la stoffa, di qualità mediocre, conserva la stessa freschezza, la
stessa vivacità di toni che aveva in origine. In confronto, una copia
dell’Immagine di Nostra Signora di Guadalupe, dipinta con gran cura nel secolo
XVIII e conservata nelle stesse condizioni climatiche di quella di Juan Diego,
si è completamente degradata in pochi anni. All’inizio del secolo XX, periodo
doloroso di rivoluzioni per il Messico, una carica di dinamite fu depositata da
miscredenti sotto l’Immagine, in un vaso pieno di fiori. L’esplosione ha
distrutto i gradini di marmo dell’altare maggiore, i candelabri, tutti i
portafiori; il marmo dell’altare fu fatto a pezzi, il Cristo di ottone del
tabernacolo si piegò in due. I vetri della maggior parte delle case circostanti
la basilica si ruppero, ma quello che proteggeva l’Immagine non fu nemmeno
incrinato; l’Immagine rimase intatta.

    Le proprietà
straordinarie dell’immagine

Nel 1936, uno
studio realizzato su due fibre della tilma, una rossa ed una gialla, giunse a
conclusioni stupefacenti.

Le fibre non
contengono nessun colorante noto. L’oftalmologia e l’ottica confermano la
natura inspiegabile dell’immagine: essa assomiglia ad una diapositiva
proiettata sul tessuto. Un esame approfondito mostra che non vi è nessuna
traccia di disegno o di schizzo sotto il colore, anche se ritocchi
perfettamente riconoscibili sono stati realizzati sull’originale, ritocchi che,
del resto, si degradano con l’andar del tempo; inoltre, il supporto non ha ricevuto
nessun appretto, il che sembrerebbe inspiegabile se si trattasse veramente di
una pittura, poiché, anche su una tela più fine, si mette sempre un
rivestimento, non fosse che per evitare che la tela assorba la pittura e che i
fili affiorino alla superficie. Non si distingue nessuna pennellata. A seguito
di un esame a raggi infrarossi, effettuato il 7 maggio 1979, un professore
della NASA scrive: «Non c’è nessun modo di spiegare la qualità dei pigmenti
utilizzati per la veste rosa, il velo azzurro, il volto e le mani, né la
persistenza dei colori, né la freschezza dei pigmenti in capo a parecchi secoli
durante i quali avrebbero dovuto normalmente degradarsi… L’esame
dell’Immagine è stata l’esperienza più sconvolgente della mia vita».

Certi astronomi
hanno constatato che tutte le costellazioni presenti nel cielo nel momento in
cui Juan Diego apre la tilma davanti al vescovo Zumárraga, il 12 dicembre 1531,
si trovano al loro posto sul mantello di Maria. Si è anche scoperto che,
applicando una carta topografica del Messico centrale sulla veste della
Vergine, le montagne, i fiumi ed i laghi principali coincidono con
l’ornamentazione della veste medesima.

  

Gli occhi della Vergine

Gli occhi della Morenita si rivolgono verso qualcuno o
qualcosa che le sta davanti a livello inferiore e posto sulla destra. La cornea
e l’iride sono di una stupenda bellezza e danno, tramite il cristallino, la
sensazione della profondità. La superficie stessa del cristallino brilla come
se avesse davanti una sorgente luminosa per cui i riflessi sono carichi di
splendore. Gli occhi sono vivi come se appartenessero ad una persona che guarda
realmente e non ad una immagine dipinta. Infine, la rete venosa normale
microscopica sulle palpebre e la cornea degli occhi della Vergine è
perfettamente riconoscibile. Nessun pittore umano avrebbe potuto riprodurre
simili particolari.

Nel 1929 il fotografo A.M. Gonzales riuscì ad individuare
nell’occhio destro della Morenita una sagoma umana; nel 1951 il fotografo C.
Solinas riconobbe, ingrandendo l’occhio destro, una precisa sagoma umana che
identificò con il veggente Juan Diego, perché identica al più antico ritratto
del veggente. Tra il luglio 1956 e maggio del 1958 gli occhi della Vergine
vengono esaminati con un sofisticato oftalmoscopio dal noto chirurgo messicano
T. Lovoignet che conferma la presenza di riflessi umani in ambedue gli occhi.

Nel 1976 una equipe dell’Istituto di oftalmologia di Città
del Messico, guidata dal dottore J. Tottoella, fece esperimenti sugli occhi sia
separatamente che contemporaneamente, per determinare le precise angolature.
Durante gli anni ’80 gli occhi della Morenita vengono ingranditi di 2500 volte le
dimensioni originarie, pari a 25.000 punti luminosi su un millimetro quadrato.
Per fare questo esperimento, Tonsmann usò le stesse apparecchiature
elettroniche dell’astronave Viking per analizzare la superficie del pianeta
Marte. La scoperta fu eccezionale:  negli
occhi della Morenita non c’era soltanto la sagoma di Juan Diego, ma il riflesso
di un vero quadro di gruppo. Le figure che si riflettono negli occhi della
Madonna rispettano le regole fisiologiche dell’ottica umana, codificate più
tardi da due scienziati: il boemo Giovanni Purkynje e il francese Louis Sanson.
I due punti fondamentali della legge ottica, perfettamente riscontrati negli
occhi della Vergine di Guadalupe, sono:

1) Quando guardiamo un oggetto esso si riflette in ciascun
occhio non con un solo riflesso, ma con tre differenti immagini; la causa di
questo è la curvatura della cornea;

2) Le tre immagini si riflettono in questo modo: la prima,
grande e dritta, nella superficie anteriore e interna della corna, la seconda
nella superficie anteriore del cristallino e la terza, piccola e rovesciata,
nella superficie sempre del cristallino.

Nella cornea dell’occhio destro della Vergine vi è il viso
di un uomo in cui si intravedono bene il collo, la barba, il torace e la spalla
destra. La figura si piega rispettando la curvatura della cornea. Nell’angolo
interno dell’iride dell’occhio sinistro della Vergine si vede un indio seduto
per terra con le gambe incrociate. Si distinguono bene i sandali, e capelli
legati e persino un orecchino. Si nota poi un uomo anziano con pochi capelli,
gote sporgenti e nel cui occhio sinistro sembra sgorgare una lacrima. Tra i
pochi capelli si nota la tipica chierica dei francescani. Questo volto è
straordinariamente simile a quello del Vescovo Zumàrraga, il Vescovo delle
apparizioni, raffigurato dal pittore Miguel Cabrera in un suo famoso dipinto
del XVIII secolo.

Nel centro dell’iride della Vergine c’è un volto rotondo che
guarda nella stessa direzione del Vescovo ed è molto vicino a lui. Sembra un
giovane, ed è stato identificato come Juan Gonzalez, l’interprete del Vescovo
Zumàrraga.

All’esterno dell’occhio sinistro si vede bene un indigeno
con un cappello tipo sombrero. Mostra età matura, ha barba e baffi, occhi
incavati e un cappuccio a punta. Apre con le braccia distese un mantello in
direzione dell’uomo anziano identificato come Zumàrraga. L’indigeno è
sicuramente Juan Diego nell’atto di mostrare i fiori dentro il mantello al
Vescovo. Poi si vede il volto di una donna nera, e questo lascia supporre che
la scena si svolse nel palazzo del Vescovo Zumàrraga che, secondo lo storico
Cuevas, nella sua Storia della chiesa messicana, aveva veramente una
inserviente di colore, cui concederà più tardi libertà, dopo anni di fedele
servizio.

Sembra quindi che la Vergine fosse nella stanza in cui
avveniva il miracolo, restava invisibile ai presenti ma vedeva tutti, compreso
Juan Diego con il suo mantello. I suoi occhi hanno come fotografato la scena e
ciò che i presenti hanno visto è rimasto chiaramente impresso nelle pupille della
Vergine. Straordinario!

Tutti gli scienziati che hanno esaminato il mantello di
Guadalupe hanno concordemente affermato come sia assolutamente impossibile per
qualsiasi artista umano dipingere o creare un’opera tanto particolare, fine e
nitida dentro l’occhio della Vergine, su un materiale tanto rozzo come quello
dell’ayete (la materia prima del mantello).

    Una donna incinta
di tre mesi

Misure ginecologiche hanno stabilito che la
Vergine dell’Immagine ha le dimensioni fisiche di una donna incinta di tre
mesi. Sotto la cintura che trattiene la veste, al posto stesso dell’embrione,
spicca un fiore con quattro petali: il Fiore solare, il più familiare dei
geroglifici degli Aztechi che simboleggia per loro la divinità, il centro del
mondo, del cielo, del tempo e dello spazio. Dal collo della Vergine pende una
spilla il cui centro è adorno di una piccola croce, che ricorda la morte di
Cristo sulla Croce per la salvezza di tutti gli uomini. Vari altri particolari
dell’Immagine di Maria fanno di essa uno straordinario documento per la nostra
epoca, che li può constatare grazie alle tecniche moderne.

Così la scienza,
che ha spesso servito quale pretesto per l’incredulità, oggi ci aiuta a mettere
in evidenza segni che erano rimasti sconosciuti per secoli e secoli e che non
può spiegare.

Inoltre, con il
suo intervento in favore del popolo azteco, la Vergine ha contribuito alla
salvezza di innumerevoli vite umane, e la sua gravidanza può esser interpretata
come un appello speciale in favore dei nascituri e della difesa della vita
umana; tale appello è di grande attualità ai giorni nostri, in cui si
moltiplicano e si aggravano le minacce contro la vita delle persone e dei
popoli, soprattutto quando si tratta di una vita debole ed inerme. Il Concilio
Vaticano II ha deplorato con forza i crimini contro la vita umana: “Tutto ciò
che è contro la vita stessa, come ogni specie di omicidio, il genocidio,
l’aborto, l’eutanasia e lo stesso suicidio volontario, TUTTO CIÒ CHE VIOLA
L’INTEGRITÀ’ DELLA PERSONA UMANA… (…); tutte queste cose, e altre simili,
sono certamente VERGOGNOSE. Mentre GUASTANO LA CIVILTÀ UMANA, disonorano coloro
che così si comportano più ancora che quelli che le subiscono e ledono
grandemente l’onore del Creatore” (“Gaudium et Spes”, n.27).

Di fronte a tali
flagelli, che si sviluppano grazie ai progressi scientifici e tecnici, e che
beneficiano di un ampio consenso sociale e di riconoscimenti legali, invochiamo
Maria con fiducia.

Domandiamo a San Juan
Diego, canonizzato da Papa Giovanni Paolo II il 31 luglio 2002, di ispirarci
una vera devozione per la nostra Madre Celeste, poiché «la compassione di Maria
si estende a tutti coloro che la chiedono, non fosse che con un semplice
saluto: “Ave, Maria…”» (Sant’Alfonso de Liguori). Lei, che è Madre di
Misericordia, ci otterrà la Misericordia di Dio, specialmente se saremo caduti
in peccati gravi.

tratto da http://www.fuocovivo.org

            Vergine Immacolata di Guadalupe, Madre di Gesù e Madre nostra, vincitrice del peccato e nemica del Demonio, Tu ti manifestasti sul colle Tepeyac in Messico all’umile e generoso contadino Juan Diego. Sul suo mantello imprimesti la Tua dolce Immagine come segno della Tua presenza in mezzo al popolo e come garanzia che avresti ascoltato le sue preghiere e addolcito le sue sofferenze. Maria, Madre amabilissima, noi oggi ci offriamo a te e consacriamo per sempre al tuo Cuore Immacolato tutto quanto ci resta di questa vita, il nostro corpo con le sue miserie, la nostra anima con le sue debolezze, il nostro cuore con i suoi affanni e desidèri, le preghiere, le sofferenze, l’agonia. 

O Madre dolcissima, ricordati sempre dei tuoi figli. 

Se noi, vinti dallo sconforto e dalla tristezza, dal turbamento e dall’angoscia, dovessimo qualche volta dimenticarci di te, allora, Madre pietosa, per l’amore che porti a Gesù, ti chiediamo di proteggerci come figli tuoi e di non abbandonarci fino a quando non saremo giunti al porto sicuro, per gioire con Te, con tutti i Santi, nella visione beatifica del Padre. Amen. 

       Madonna di Guadalupe, prega per noi

Salve Regina …