La prima testimonianza d Cristo sta nel non aver paura

MADRID, sabato, 20 agosto 2011 (ZENIT.org).- 
Pubblichiamo di seguito il testo della catechesi tenuta il 19 agosto in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid dal Cardinale Carlo Caffarra, Arcivescovo di Bologna.

1. Quando Gesù lascia visibilmente questa terra, dice ai suoi amici: «avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni … fino agli estremi confini della terra» [At 1, 8].

Sappiamo che cosa significa “essere testimoni” o “rendere testimonianza”. Molto semplicemente narrare ciò che si è visto, oppure ciò che si è udito a chi ha l’autorità di chiederlo o a chi ha semplicemente interesse a sapere. A modo di esempio, ascoltate la seguente testimonianza: «ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita … noi lo annunziamo anche a voi» [1Gv 1, 1. 3]. 

È la testimonianza resa a Gesù dal suo più grande amico: Giovanni.

La fede è un incontro vero e proprio con Gesù, perché Egli non è solo un ricordo, ma è una presenza reale in mezzo a noi. Nella fede e mediante i sacramenti noi viviamo una vera esperienza di amicizia con Gesù.

Perché, uno potrebbe pensare, devo testimoniare, narrare ciò che mi è accaduto incontrando Gesù? Perché non posso tenerlo per me? 

Negli Atti degli Apostoli viene narrata una testimonianza resa da Pietro, assai interessante. Egli assieme a Giovanni ha appena compiuto il miracolo di guarire uno storpio. Essi vengono richiesti dal Sommo Sacerdote di rendere ragione del loro operato. Allora Pietro dice: «nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso, e che Dio ha risuscitato dai morti, costui vi sta dinanzi sano e salvo … in nessun altro v’è salvezza» [At 4, 10. 12]. È accaduto un fatto. Pietro ne dà la ragione: Gesù è presente fra noi con la sua potenza di salvezza. Pietro e Giovanni erano ben consapevoli di questo. Essi per primi lo avevano sperimentato. Ma Cristo non era un bene solo per loro stessi; è un bene da condividere con tutti, perché la sua salvezza è offerta a tutti. Chi crede in Gesù; chi lo ha veramente incontrato, e cerca di nascondere questo avvenimento che gli è accaduto, è come uno che – direbbe Gesù – accende la luce e poi la copre perché non illumini.

2. Ma, qualcuno si chiederà: come faccio concretamente a rendere testimonianza a Gesù? 

La risposta ce la dona S. Pietro nella sua prima lettera. È una lettera scritta a cristiani calunniati, perseguitati. E quindi anch’essi si facevano la stessa domanda: come faccio a rendere testimonianza a Gesù in questa società? Ascoltate bene la risposta di Pietro: «Non vi sgomentate per paura di loro, né vi turbate, ma adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto» [1Pt 3, 14-15].

Tu rendi testimonianza prima di tutto, se non hai paura; se non ti lasci turbare dalla previsione di essere deriso e come “compatito” o squalificato [“ma come tu pensi ancora così?”]. Ma la vera fortezza è in un rapporto profondo – «nei vostri cuori» – con Cristo: «adorate il Signore». E poi finalmente ecco come si rende testimonianza a Gesù: «pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi». Mi fermo su questo punto un po’ più a lungo.

Voi date testimonianza di una speranza che è in voi e che è frutto dell’incontro con Gesù. Chi vive senza speranza, vive veramente in modo miserevole, perché non ha un futuro. Solo quando siamo certi che il futuro è sotto il segno positivo, anche il presente è vivibile. Chi incontra Gesù sa che Egli lo conduce sempre, anche quando passa attraverso valli oscure. Siate dunque testimoni di speranza: «sono molti coloro che desiderano ricevere questa speranza».

Ma non si è testimoni se non si è in grado di rendere ragione della speranza. La nostra è una speranza ragionevole, che ha un fondamento incrollabile: la fede in Gesù. Dovete quindi conoscere profondamente le ragioni della nostra fede. Leggete e studiate il catechismo: da soli o assieme ai vostri amici. Fatevi aiutare dai vostri sacerdoti.

Che cosa grandiosa è la vostra testimonianza! Essa dà gloria a Cristo: dando testimonianza, siete la gloria di Cristo in tutto quello che farete. L’Apostolo Paolo usa un’immagine bellissima. Dice che siamo il “profumo di Cristo”: «diffonde per mezzo nostro il profumo della sua conoscenza nel mondo intero. Noi siamo infatti dinanzi a Dio il profumo di Cristo» [2Cor 2, 14-15]. La gloria di Cristo nel mondo rifulge attraverso la testimonianza che gli uomini, i suoi discepoli, danno a Lui. La sfida di Gesù si può riassumere in questo: Egli scommette sui suoi discepoli, ipotizzando che il suo Amore e la sua Salvezza riveleranno la loro potenza e presenza nel mondo attraverso la testimonianza dei suoi discepoli.

Voi sarete i testimoni di Gesù, la sua gloria, il suo profumo, e così «diventerete strumento per far ritrovare ad altri giovani come voi il senso e la gioia della vita, che nasce dall’incontro con Cristo».

3. Non posso tuttavia tacere, cari giovani, l’esistenza di una grave insidia che può impedire la vostra testimonianza fin dall’inizio. È uno dei dogmi indiscutibili della cultura in cui viviamo. Potrei formularlo nel modo seguente.

“La fede religiosa è un fatto privato. Ciascuno si tenga la propria o non ne tenga nessuna. Tutte alla fine hanno lo stesso valore. L’importante è che ci sia una reciproca tolleranza”. Provate a pensare ad un cristiano che accetti questa posizione, e chiedetegli di essere testimone. È come chiedere a uno di … bere litri di liquore e di non ubriacarsi! Cerchiamo dunque di analizzare seriamente, anche se brevemente, quella posizione.

Essa presuppone – è questo l’errore fondamentale – che la fede religiosa, o meglio ciò che dice la religione non è né vero né falso, dal momento che essa non interloquisce con la ragione ma con altri interlocutori. Chiedersi quindi se una religione è vera o falsa, è come chiedersi … quanti chili pesa una sinfonia di Mozart. Verità e religione sono due grandezze completamente estranee l’una all’altra.

Vi ricordate la testimonianza resa da Pietro? Perché Paolo percorse il mondo intero allora conosciuto per predicare il Vangelo di Gesù? Semplicemente per dire: “cari ateniesi, cari romani, questa è la mia opinione; però voi ne avete un’altra: è lo stesso!”?

No certamente. La loro testimonianza nasceva da una certezza: ciò che testimoniamo è vero; e quindi vale per ogni uomo. Ora capite meglio perché vi dicevo: sappiate rendere ragione della speranza che è in voi.

“Ma – vi si dirà – in questo modo tu sei intollerante”. Intanto costatiamo un fatto: i grandi testimoni di Gesù non solo non hanno mai imprigionato nessuno, o ucciso qualcuno. Sono stati imprigionati e uccisi, non raramente.

È anche vero che lungo i secoli, non sempre nella Chiesa c’è stata chiarezza su questo punto. E quindi sicuramente dobbiamo fare attenzione.

La verità non può essere imposta, ma solo proposta. Essa chiede solo di essere conosciuta. «E la vittoria che nasce dalla fede è quella dell’amore. Quanti cristiani sono stati e sono una testimonianza vivente della forza della fede che si esprime nella carità».

Alla fine, perché testimoniare Cristo? perché è vero, e ne siamo certi, che affrontare la vita nella memoria continua dell’incontro con Cristo, è più intelligente, è più gioioso. 

In una parola: è più umano.