2011 – 4° incontro di preparazione alla Consacrazione – 1° parte

1° PARTE       Beati gli operatori di pace perchè saranno chiamati figli di Dio

Questa beatitudine insieme a quella che riguarda i misericordiosi, è l’unica che non dice come bisogna essere, poveri, afflitti, miti, puri di cuore, ma ci dice che cosa si deve fare.

Tante volte per noi la parola pace è sinonimo di quiete, tranquillità, naturalmente si contrappone a quello che è il suo contrario cioè la guerra.

Ma è proprio questo il senso della beatitudine proclamata per gli operatori di pace?

Questi operatori di pace sono beati perché pacifici, tranquilli, calmi?

Il senso racchiuso nella parola pace va oltre la tranquillità o l’assenza di guerre, indica invece il compimento della pienezza di vita. Il Messia nel Vangelo realizzerà la pace nel senso che porterà a compimento tutte le attese e realizzerà una vita piena. La vita umana è una vita essenzialmente di relazione, per cui la pienezza della vita implica la capacità di tessere delle buone relazioni nelle tre dimensioni fondamentali di una persona: 1° realizzare questa pienezza di vita con se stessi; 2° realizzarla con gli altri; 3° realizzarla con Dio.

Quindi il vero operatore di pace alla fine è Dio stesso, per questo gli uomini che si adoperano per la pace sono chiamati figli di Dio, cioè somigliano a Lui, lo imitano e cercano in tutto di fare ciò che Lui fa.

Allora la pace è prima di tutto un dono da accogliere che viene da Dio. Quindi non accorre inventarla, basta semplicemente trasmetterla, come una cosa ricevuta. Noi non siamo la sorgente della pace, è Dio; siamo solamente dei canali di pace a condizione che rimaniamo uniti alla sorgente che è la volontà di Dio e abbandonarsi totalmente ad essa.   

La vicenda terrena di Gesù, Principe della pace, in Lc 2,14 e in Gv 20, 17-19, si apre e si chiude con un augurio di pace che giunge dal Cielo come un arcobaleno che fa da ponte tra i cuori. 

Gesù porta la pace perché è in perfetta armonia con la volontà del Padre, perché è perfettamente in armonia con la Sua umanità, perché tutti coloro che lo incontrano convertono il loro cuore e la loro vita all’armonia e alla pace. Quindi Gesù è la pienezza dell’essere, Gesù è il pacificatore, Colui che fa la pace tra le cose che stanno sulla terra e quelle che stanno nel cielo attraverso il dono totale: la morte in croce. Questo era il compito che Dio Padre gli aveva affidato mandandolo nel mondo: riconciliare la creatura al suo Creatore, superando la frattura causata dal rifiuto di Adamo.

Sulla croce il male raggiunge la sua espressione più grande perché arriva ad uccidere Colui che ha dato origine alla vita e ancora nel momento supremo della croce che Dio, sommo bene, dimostra tutto il Suo amore per le creature. Si consegna definitivamente a noi.

La croce, apice della storia tra Dio e l’uomo, è il luogo in cui i due si incontrano e in quel momento formano un’unica carne.

La pace, donata a noi in Cristo, ha un prezzo molto alto, è costata a Dio la vita del Figlio Suo.

Maria è chiamata Regina della pace, Lei è una di quelle creature nella quale Dio si è compiaciuto perché ha trovato un Cuore disponibile all’ascolto e all’obbedienza alla Sua Parola. Ha trovato dei piedi pronti a mettersi in cammino sui sentieri della Volontà di Dio. Ha trovato una vita non ripiegata su se stessa ma un cuore amante. Se dalla prospettiva del credente la pace è un dono, la Vergine del sì ha saputo fare spazio a questo dono e nel Suo animo aperto a Dio, Dio ha potuto entrare per portare la Sua pace.

Possiamo dire che Maria ha vissuto la beatitudine della pace proprio a partire dal vincolo che la unisce intimamente al mistero del Figlio, Principe della pace. Maria ha concepito questo Figlio nel Suo grembo verginale, piena di fede è stata intrepida presso la croce dove Gesù ha pacificato nel Suo Sangue Cielo e terra e ha sperimentato in sé la forza della riconciliazione ricevendo per prima la pace.

In Maria si riflette in modo misterioso la pace che Gesù è venuto a portare, naturalmente una pace diversa da quella che offre il mondo. Infatti la pace di cui si parla soprattutto nel Vangelo, la possiamo ritrovare al cap 2, 35 di Luca (“ e anche a Te una spada trafiggerà l’anima”) Quando il vecchi Simeone ha parlato a Maria, nel giorno in cui il Figlio veniva offerto al Padre. Maria ha sperimentato che la pace, in quanto dono di Dio, entra nel cuore che accetta la logica del seme: morire per risorgere (“ Se un chicco di grano caduto in terra non muore, non porta frutto”).

La pace di Maria quindi è anche la spada dei distacchi più laceranti, delle scelte più dolorose, delle profonde purificazioni. Pensiamo a quello che ha sopportato Maria, non le erano assenti le critiche degli scribi e farisei nei confronti di Suo Figlio e certamente si chiedeva il perché di tanto odio verso di Lui, che faceva così tanto bene. Quanto ha sofferto!

In queste situazioni Maria ha sperimentato che la pace fiorisce ritornando continuamente alle parole che l’Angelo Le disse all’annunciazione: “Non temere!”.

Nella visitazione Maria è portatrice di pace perché ha capito che la pace si porta seguendo la via del servizio. In un mondo lacerato da egoismi, interessi Maria è immagine di Colei che non trattiene per sé ma dona sempre e comunque.

Il Montfort possiamo definirlo come il pacificato e il pacificatore. Questo uomo si è lasciato guidare nella sua vita dalla domanda circa il volere di Dio: “Che cosa devo fare, Signore?”.

Ha ricevuto in dono la pace quale frutto della ricerca e del compimento della volontà di Dio passando attraverso la lettura degli avvenimenti come trasposizione del Vangelo nella sua vita.

Da una parte tale atteggiamento si è tradotto in pratica in un radicale abbandono nella Provvidenza e dall’altra nell’obbedienza e nella dipendenza verso i superiori e l’autorità ecclesiastica che l’ha molto provato.

Per il Santo di Montfort è essenziale comprendere che lo scopo della perfetta consacrazione è unirsi alla Sapienza eterna ed incarnata. Non esita ad affermare che è necessario cercare in primo luogo la Sapienza, se vogliamo realizzare noi stessi nella pace e diffonderla attorno a noi. 

Dio, nostra pace, si è consegnato in Cristo, Sapienza eterna ed incarnata. Se accolta, la Sapienza incarnata «dà riposo e pace ineffabile» e versa nel cuore la pace anche fra amarezze e tribolazioni. Questo perché il cuore di Gesù è l’unico centro di pace, è il regno della pace. 

La consacrazione porta ad ordinare pensieri, affetti, azioni alla Sapienza, rincentrando ogni cosa in Dio. Tale processo è pacificante se nasce dalla contemplazione del mondo nella luce di Dio, ossia dal giudicare la  realtà con gli occhi di Gesù. Come il popolo di Israele seguendo la legge che Dio  gli aveva rivelato, viveva nella pacificante alleanza col Signore, così noi seguendo Gesù, viviamo nella verità e nel pieno senso della vita. 

La consacrazione è adesione alla sua persona, condivisione del suo destino, partecipazione alla sua 

obbedienza libera ed amorosa alla volontà del Padre.  La consacrazione, lo sappiamo, non è altro che la perfetta rinnovazione delle promesse battesimali. E’ la nostra risposta, la nostra decisione di vivere l’alleanza con il nostro Dio. In questo senso ci fa sperimentare la pace, che è frutto della fedeltà di Dio al suo amore e nostra al Signore. E come un fuoco manda calore, così l’anima interiore, per la quale Dio è tutto, che si è sforzata di regolare ogni cosa su di Lui e ha trovato la pace nel cuore, la irradia agli altri: «Quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo. Non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3,27-28).

La pace nasce dall’accettazione del mistero della croce, «sorgente abbondante di ogni dolcezza e consolazione… generatrice di gioia, di pace e di grazia nell’anima». 

La pace di Gesù è una realtà dinamica, diversa da quella del mondo (cf Gv 14,27): «ogni giorno i mondani, per incoraggiarsi a perseverare nella loro malizia senza scrupoli, scandiscono a gran voce: “Vita, vita! Pace, pace! Allegria, allegria! Mangiamo, beviamo, cantiamo, balliamo, giochiamo!”» (LAC 10). Il mondo grida a tutti: «pace», ma la sua non ne è che un’ombra e per quanto l’uomo cerchi una pace vera, nel cuore non ha che inquietudine.  

La pace di Gesù paradossalmente si coniuga con la rottura dei legami umani se lo esige il Vangelo, e inoltre con la lotta contro le potenze del male. La croce è anche la nostra debolezza in quei luoghi del cuore dove ci sentiamo più fragili e insicuri, più doloranti e più spaventati. E la pace la troviamo là perché là siamo spogliati dai nostri modi soliti di controllare il nostro mondo, perché è là che avvertiamo l’appello a smettere di affidarci alla nostra autosufficienza. Proprio là dove siamo più deboli è nascosta la pace che non è di questo mondo. 

La consacrazione ci fa imitare Gesù: non si è aggrappato al suo potere divino, ha rifiutato di cambiare le pietre in pane, di asservire e dominare. Per questo è il Principe della Pace.

Trascorriamo la maggior parte del tempo a costruire la vita attorno all’idea che il nostro valore dipende da ciò che facciamo! 

E’ un viaggio che spesso è violento: pieno del desiderio di essere migliori degli altri, segnato dalla rivalità e dalla concorrenza, macchiato da momenti di sospetto, gelosia, risentimento e vendetta. Al contrario, la perfetta consacrazione, essendo essenzialmente interiore, impegna quello che siamo più di quello che facciamo!  

Fondamento, risorse, circostanze, compiti, limiti: la vita è pacificata quando queste parole non vengono scambiate tra di loro e la complessità non distrugge l’armonia. 

Pensiamo all’esperienza del limite: a volte è fonte di amarezza. Ma quando amareggia troppo vuol dire che si è scambiato una circostanza con il fondamento! Diventa allora una malattia il dover produrre sempre giustificazioni e non abbiamo la pace! 

Il fondamento della nostra vita è la grazia di Dio. Vivere da consacrati è vivere radicati in questa grazia, affidati ad essa, entrando nel volere di Dio. Compiere la volontà di Dio, è conservare la pace qualunque cosa avvenga perché l’obbedienza a Dio mette il cuore in pace anche in mezzo ad una «guerra». 

Pace, gioia e dolcezza sono la ricompensa che il Signore dona a chi in tutto cerca il suo volere. Questo vale per il presente ma anche per il futuro di cui spesso si ha un tale timore da perdere la serenità interiore, coltivando sogni che non si realizzeranno mai. Ciò che pacifica è l’abbandonarsi totalmente in Dio, riconoscere che solo Lui basta, non temere nulla e dormire in pace sul suo cuore paterno. 

E’ un atteggiamento spirituale che forma persone in armonia con se stesse, con gli altri e con Dio: capaci di umanità verso il prossimo, coraggiose nel vivere e difendere il vangelo, forti nel sobbarcarsi la fatica di incarnare la fede nella vita quotidiana, radicate nella contemplazione di Dio .