2011 – 1° incontro di preparazione alla Consacrazione – 1° parte

1° PARTE – Beati i poveri in spiritoSpiegazione di P. Giovanni Crippa Sacerdote monfortano

In questo primo incontro di preparazione alla Consacrazione facciamo un cammino di approfondimento delle beatitudini.

Scopriremo come attraverso questo grande discorso della montagna riusciamo a scoprire cosa significa consacrarsi a Gesù per le mani di Maria.

Iniziamo subito con la prima beatitudine: “Beati i poveri in spirito perché di essi è il Regno dei Cieli”.

Proviamo a chiederci chi sono questi “poveri in spirito”: sono coloro che hanno nulla da difendere, coloro che si affidano al Signore perché “solo Lui è la difesa e la ricchezza” (Benedetto XVI), non fanno sfoggio delle loro prestazioni di fronte a Dio, sono coloro che amano e che accettano con semplicità ciò che Dio dona loro e proprio per questo vivono in intimo accordo con l’essenza e la Parola di Dio.. Hanno in pratica un’anima da povero, cioè si servono dei beni materiali ma senza esserne schiavi, sanno accettare le indelicatezze che vengono da chi meno te lo aspetti, sanno accettare anche il buio e l’aridità, la perdita della stima, non hanno preoccupazioni per il domani vivendo nell’abbandono nella provvidenza e nello stesso tempo dando il meglio di se stessi. Hanno un animo da povero perché sono capaci di dire no all’egoismo e all’invidia e si riconoscono piccoli, fragili. Camminano sui sentieri dell’accettazione di quelli che sono i loro limiti e le loro fragilità.

Questi sono i “beati poveri in spirito”!

Confrontiamoci allora con il brano del Vangelo che parla delle beatitudini, queste sono la vita stessa di Cristo perché è Lui che per primo le ha vissute. Per comprendere le beatitudini dobbiamo contemplare il Cuore trafitto di Gesù sulla Croce e alla luce di questa contemplazione sarà possibile leggere tutti gli insegnamenti e le parabole di Gesù nei Vangeli, le Sue parole sul perdono, sull’amore vicendevole, sull’umiltà, sulla vigilanza, sulla preghiera continua e capirle.

Leggiamo il brano del Vangelo di Matteo capitolo 26 versetto da 1 a 16 quello che parla del complotto da parte dei sommi sacerdoti per catturare Gesù e l’unzione a Betania di olio prezioso sul capo di Gesù da parte di una donna.

Gesù entra con il Suo dono nella nostra povertà facendosi il più povero tra i poveri tra i fratelli. Gesù che si è fatto il più piccolo tra i fratelli sta andando in croce per dare la vita e dal Suo corpo, come dal vaso di quella donna, uscirà per la prima volta il profumo di Dio che tutti potranno sentire, anche i più lontani. Questa donna in pratica riconosce in Gesù il più piccolo tra gli uomini, il Suo Spirito, mentre Lui sta salendo sulla Croce, lei risponde al Suo amore con altrettanto amore. Lei non dà qualcosa ai poveri ma dà se stessa al più piccolo tra i poveri. Allora ecco la domanda dei discepoli: perché questo spreco? E’ la stessa che forse ci facciamo anche noi davanti alla Croce.

Chi non accetta questo “spreco”, non capisce il Vangelo, non può riconoscere nel crocifisso il Figlio di Dio. L’Amore è spreco gratuito e totale del dono si sé e questo spreco è in relazione con l’amore di Dio. Come al momento della creazione Dio fece bella ogni cosa, così questa donna riporta la creazione alla bellezza dell’origine, così come Dio l’aveva fatta. Il gesto d’amore fatto nei confronti di Gesù rivela l’amore di Dio per i fratelli di cui Lui è il più piccolo, compiendo così tutta la legge.

Giuda, abbiamo letto, consegna Gesù ai suoi nemici, questi lo consegnano a Pilato, Pilato lo consegna al volere della folla e questa poi lo consegna alla croce. Ma è Gesù stesso che si consegna ed è consegnato dal Padre nelle mani dei fratelli, fino a dare la propria vita.

Abbiamo letto questo brano, ora meditiamo su queste parole partendo proprio da Maria. Maria, umile serva del Signore, è una povera in spirito nel senso di una creatura che trova in sé poco di cui gloriarsi, basta contemplare Maria al momento dell’annunciazione. Al saluto dell’Angelo si vede come l’ultima da poter meritare la grazia di diventare la Madre del Figlio di Dio. E’ giovane e sappiamo che nell’epoca in cui viveva Maria i giovani non erano stimati, a differenza degli anziani. Sappiamo anche che per la cultura di quel tempo le donne erano considerate cittadine di seconda classe. E’ vergine, è senza figli in un’epoca in cui le madri erano glorificate ed infine era di Nazareth, villaggio disprezzato. Come Maria canta nel Suo magnificat, Lei è una piccola, in fondo alla scala sociale e religiosa. Ma è proprio verso di Lei che Dio volge l’attenzione perché più ci si sente indegni di Dio e più si è sconvolti e sorpresi che Lui si occupi di noi. Dio ci viene incontro, viene incontro all’uomo! Nella Lumen Gentium al numero 55 è scritto che la Vergine Maria appartiene alla schiera dei poveri in spirito anzi, Essa primeggia tra gli umili e i poveri del Signore. Questo lo dice anche San Luigi Maria Grignon da Montfort nel Trattato della vera devozione a Maria al numero 2: “ Maria visse tanto nascosta da essere chiamata dallo Spirito Santo e dalla Chiesa Alma Mater, Madre nascosta e riservata. Fu così profondamente umile, continua il Montfort, da non avere sulla terra attrattiva più forte con Dio che di nascondersi a se stessa e ad ogni creatura per essere conosciuta solo da Dio. Questa è Maria, l’umile serva.

Ma abbiamo anche il Montfort, il servo per eccellenza. E’ rimasto molto colpito dalla povertà di Gesù, un Dio che non può difendersi dalla ristrettezze della nostra povertà e che ama farsi povero nella nostra umanità. E’ un Dio che per avvicinarsi ancor più agli uomini e testimoniare al mondo sensibilmente il Suo amore è giunto fino a incarnarsi, a divenire bambino, farsi povero e morire per essi sulla croce (Amore eterna sapienza n° 70). Il tratto del volto di Gesù povero ha segnato tutto l’essere del Montfort, ha segnato tutta la sua vita. Nel 1730 si trova all’ospedale a Parigi e rispondendo a una lettera della co-fondatrice delle Figlie della Sapienza così scrive:

“Se si tratta di estrema povertà, di croce pesantissima, di abiezione e di umiliazione io accetto purchè tu nello stesso tempo chieda a Dio di starmi vicino e di non abbandonarmi neppure per un istante a causa della mia infinita debolezza. O quale ricchezza, quale gloria, quale piacere se tutto questo mi otterrà la divina Sapienza verso la quale sospiro notte e giorno!”

Abbiamo meditato il Cristo povero, poi Maria umile serva del Signore, abbiamo visto il Montfort servo per eccellenza, e noi che vogliamo consacrarci dobbiamo uniformarci a Gesù Cristo povero seguendo l’esempio di Maria Sua Santissima Madre e del Montfort. Perché la perfetta consacrazione a Gesù per Maria è l’offerta totale di ciò che siamo e abbiamo. E’ dare tutto a Dio per avere il tutto che è Dio stesso.

Il santo da Montfort nel Trattato della vera devozione al n° 135 dice: “Se è vero che non si può concepire sulla terra compito più elevato del servizio di Dio e se il più infimo servo di Dio è più ricco, potente e nobile di ogni re e imperatore del mondo, a meno che essi stessi non siano servi di Dio, quali non saranno le ricchezze, il potere e la dignità del servo fedele e perfetto di Dio che si è consacrato interamente al suo servizio senza riserva e al massimo grado possibile? Tale è la condizione del fedele schiavo d’amore di Gesù in Maria che si è abbandonato completamente al servizio del Re dei re per le mani di sua santa Madre e non ha riservato nulla per Sé: tutto l’oro del mondo e tutte le bellezze dei cieli non lo possono ripagare”.

In qualità allora di consacrati a Gesù per Maria non viviamo più per noi ma per Gesù e Maria, i nostri beni e i nostri averi sono per Gesù e Maria. La nostra felicità non è più nei beni materiali ma in Gesù e Maria! Con la consacrazione deve entrare in noi proprio il desiderio di possedere Dio in modo così forte da insinuarsi nelle pieghe della nostra anima e del nostro essere.

Nel Trattato al n° 137 il Montfort dice: “… non vi è pratica uguale a questa che ci renda in grado di sbarazzarci di un certo spirito di possesso che impercettibilmente si insinua nelle nostre migliori azioni”. Allora vedete come la consacrazione diventa una terapia capace di rieducarci e orientarci verso Dio e i fratelli con un atteggiamento oblativo e non possessivo. E’ scuola di povertà radicale in cui impariamo a vivere e a servire in modo disinteressato (Trattato n° 110), fa’ crescere in noi il senso del servizio gratuito, della generosità, della magnanimità, dell’accoglienza.  E tutto parte non dal nostro sforzo umano ma dalla contemplazione di Gesù.

Gesù chiede a tutti i suoi discepoli di essere uomini e donne “poveri nello spirito” in modo che la preoccupazione per la penuria dei mezzi e l’attaccamento alle ricchezze non diventi mai un ostacolo alla ricerca di Dio, non ritardi l’amicizia con Lui, non appesantisca il cuore con cure eccessive per il benessere materiale.

Gesù chiede a tutti una povertà più alta che è il distacco perfino dei beni spirituali: chi è troppo dipendente dalla stima e dalla considerazione degli altri, chi è attaccato alla propria volontà e alle proprie idee non è povero nello spirito ma ricco possessore di se stesso.